Mai come questa volta le analisi sul voto paiono parziali e insufficienti. Ha ragione Francesco Rutelli a dire che mai come questa volta, invece di “votare per” si è “votato contro” o non si è votato per sfiducia nei partiti e nelle liste presentate. Ciò che è chiaro è che quelli che avevano più bisogno di votare per rilanciare economia, lavoro e sicurezza, disoccupati, precari, pensionati con la minima, non sono andati autolesionisticamente a votare.
Il voto, l’unica carta che il Cittadino ha in mano per esprimere il suo potere cioè un giudizio sull’ultima amministrazione o sulla organizzazione della nostra città e decidere sui nuovi amministratori, non è stato utilizzato da chi ha più bisogno del rilancio della economia e del lavoro a Torino, dopo 15 anni di declino economico e sociale. Il calo dei votanti nelle periferie, o come si dice meglio in Francia nei “quartieri svantaggiati”, cioè dove si sarebbe dovuto andare a votare in massa, è stato più forte che mai. Eppure mai come oggi Torino è in difficoltà e non ha il futuro nelle sue mani.
A oggi la vendita della Fiat alla Peugeot sta penalizzando soprattutto gli stabilimenti torinesi. Sembra che chi ha venduto, immemore della storia della azienda e dell’amore di Gianni Agnelli per Torino, non abbia chiesto alcuna garanzia sugli stabilimenti o sul ruolo della Città nella quale la Fiat è nata e dalla quale ha avuto moltissimo. Il declino economico della fu Capitale politica e della fu Capitale industriale è evidentissimo. Da vent’anni, malgrado le tante eccellenze, che vengono esaltate da chi non vuole vedere la realtà dei numeri, Torino cresce meno della media nazionale. Nella classifica delle Città metropolitane europee su 44 siamo 41esimi, prima di Napoli quarantaduesima. Siamo ai vertici della disoccupazione giovanile. A differenza di Genova che ha nel suo porto il più grande motore di sviluppo, destinato a crescere col crescere della economia globale, Torino deve puntare sullo sviluppo dell’aerospazio, della intelligenza artificiale, della innovazione, dei grandi eventi, tante cose ma senza essere sicuri che valgano ciò che abbiamo perso, sottovalutandone l’impatto.
In questo quadro i torinesi avrebbero dovuto fare la coda per andare a votare un nuovo Amministratore Delegato al posto degli ultimi che non erano riusciti ad evitare il declino. Invece ha prevalso la passione politica, l’attaccamento alla maglia. La periferia che ha avuto poco spazio nei confronti elettorali seguiti online prevalentemente dai lettori dei quotidiani, ha pensato che votare fosse inutile. Sfiducia che si riesca a costruire la Linea 2 della Metro, sgustati dalla lentezza nel costruire le opere pubbliche, dal Grattacielo della Regione alla Città della Salute. In nessun confronto televisivo si è discusso se la Linea 2 debba partire da Barriera di Milano o da S. Rita.
Almeno questa è stata l’impressione. Allo stesso tempo penso che la metà della città che sta male e che autolesionisticamente non è andata a votare debba pregare che chi è l’interprete della metà della Città che sta bene questa volta privilegi il lavoro dipendente e autonomo, le periferie al centro, le partite IVA a chi gioca in borsa.