Pensando al tempo libero delle persone con disabilità, mi viene in mente la famiglia: cioè, è la famiglia che normalmente gestisce e organizza il tempo libero dei familiari con disabilità. Quando invece pensiamo al tempo libero delle persone c.d. “normodotate”, si associa subito alle uscite con gli amici, al cinema, alla pizza, al teatro. Allora c’è qualcosa che non va: le famiglie devono cambiare forse la visione del proprio familiare con difficoltà, questo è certo. Ma dall’altro lato per far sì che questo avvenga, deve esserci una comunità preparata a gestire il tempo libero dei nostri ragazzi. Quindi servono:
- Strutture progettate, ragionate per accogliere la persona disabile. Parchi inclusivi, parchi accessibili; luoghi pensati in tutte le loro caratteristiche (giochi, camminamenti, attrezzature, edifici…) per essere “per tutti”; luoghi che rispettino le specificità di ognuno ma che al contempo siano fruibili da tutti promuovendo condivisione e inclusione. Giochi sensoriali, giochi privi di barriere fisiche, giochi per lo sviluppo della coordinazione motoria e per lo sviluppo delle capacità logiche.
- Contesto: occorre creare un contesto accogliente per la persona disabile e questo può essere fatto solo partendo da una cultura dell’inclusione. Lavorare con le scuole è necessario: i bambini sono una grande risorsa per i loro coetanei disabili. Insegnare che la disabilità è una ricchezza per tutti è basilare. Solo così si crea un cittadino accogliente e protettivo nei confronti di chi ha delle difficoltà.
- Intreccio con il territorio: fondamentale il legame e l’intreccio col territorio e le varie realtà presenti con le quali condividere spazi e attività realizzando in questo modo un’azione di sensibilizzazione per favorire la capacità di accoglienza del nostro tessuto sociale (rete tra associazioni, cooperative, istituzioni).
- Futuro: il salto di qualità che i ragazzi con disabilità desiderano è quello di un tempo libero al di fuori dalla famiglia e con una ampia gamma di possibilità. Solo assicurando tale legittimo diritto, le persone con disabilità riescono a rapportarsi con gli altri al pari, ad integrarsi, sentendosi non più “diversi”, ma persone che, nello scambio, danno e ricevono. Si potrà creare così un futuro diverso per la famiglia, che non sarà più il filtro per il familiare con disabilità, e per la persona stessa che avrà maggiore autonomia e serenità e una qualità di vita migliore. Inoltre, le attività di tempo libero rappresentano un valido elemento di prevenzione all’aggravarsi della disabilità, all’instaurarsi di problemi dovuti all’isolamento e alla solitudine.
Nel mio piccolo, anch’io sono una mamma chioccia apprensiva con il mio bambino autistico di undici anni che sta cominciando a sgomitare per avere un po’ di libertà. Da un lato sono contenta, ovviamente, ma dall’altro ho paura. Ho paura che qualcuno lo avvicini, ho paura che incontri persone poco raccomandabili, ho paura della sua ingenuità… e invece lui tutti i giorni mi dimostra che mi posso fidare, che si sta conquistando la sua autonomia, anche nelle piccole cose. L’acquisto della focaccia al mattino in panetteria, dove ormai lo conoscono, l’acquisto di un quaderno in cartoleria, l’uscita pomeridiana con i suoi amici del cuore per andare all’oratorio. Le persone con disabilità hanno diritto di fare ciò che desiderano nel loro tempo libero e hanno il diritto di scegliere cosa fare e con chi stare.