La Corte costituzionale, genericamente indicata anche come Consulta, dal nome dell’antico palazzo romano in cui è ospitata, è un organo garante, previsto nella Costituzione. Il Giudice delle leggi è il Custode della Costituzione, nel senso che il suo compito è quello di tutelarne l’integrità. Quando in Assemblea costituente matura la scelta a favore di una Costituzione rigida, i Costituenti devono propendere fra due modelli: quello di tipo diffuso, proprio della tradizione americana, e quello di tipo accentrato proprio dell’esperienza austriaca. Il risultato finale del dibattito determina la scelta per un modello di giustizia costituzionale che tenta una fusione tra elementi appartenenti ad entrambi quei modelli di riferimento. Del modello accentrato il Costituente accoglie il principio di affidare al solo organo costituzionale, con tutte le necessarie garanzie di autonomia e di indipendenza, il compito di garantire il rispetto della rigidità della Costituzione; del modello diffuso fa proprio il principio dell’estensione del sindacato della Corte costituzionale anche ai profili di legittimità sostanziale della legge e del coinvolgimento dei giudici comuni quali promotori del processo costituzionale. I motivi di tale nuovo modello sono di tipo tecnico–giuridico e di natura storica. Quanto ai primi, giocano un ruolo importante non solo le esigenze legate alla struttura regionale dello Stato ma anche l’inesistenza nel nostro ordinamento di un principio analogo a quello dello stare decisis, tipico dei sistemi anglosassoni. In assenza di un vincolo di questo tipo, affidare la decisione delle questioni di legittimità costituzionale ai singoli giudici avrebbe, infatti, comportato il rischio di inevitabili difformità di giudizio diffuse nel Paese, con altrettanto inevitabili conseguenze negative sul piano della certezza del diritto. I motivi storici vanno ricercati in un atteggiamento di diffidenza nei confronti dei magistrati. I quali, in larga parte, si erano formati sotto il regime fascista: si temeva, dunque, che non offrissero sufficienti garanzie per una piena e sollecita applicazione di principi costituzionali, come quelli contenuti nella nuova Costituzione, così profondamente innovativi rispetto a quelli cui si era ispirato l’ordinamento precedente. Il Costituente delinea un’Alta Magistratura, che riflette nella sua composizione la natura peculiare dell’attività che essa è chiamata ad esercitare, e alla quale possono rivolgersi tanto organi dello Stato o delle Regioni quanto i singoli cittadini, attraverso l’intermediazione del giudice.
La Costituzione tiene conto della particolare delicatezza delle funzioni giurisdizionali della Corte costituzionale, prevedendone una composizione la più imparziale possibile. Essa è composta da quindici giudici costituzionali che durano in carica nove anni e non sono rieleggibili. La non rieleggibilità rappresenta di per sé una garanzia di indipendenza, in quanto ogni giudice costituzionale sa che alla scadenza del suo mandato dovrà comunque lasciare l’incarico e, quindi, non avrà alcun interesse a favorire qualcuno nelle sue decisioni. I giudici costituzionali devono possedere particolari competenze giuridiche: essi, infatti, vengono scelti tra magistrati, anche a riposo, delle giurisdizioni superiori (Corte di Cassazione, Consiglio di Stato, Corte dei Conti), professori ordinari di università in materie giuridiche, avvocati con almeno venti anni di esercizio. Essi vengono nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo vengono eletti a larga maggioranza dal Parlamento in seduta comune, e per un terzo dalle Supreme magistrature ordinaria e amministrativa. I giudici provenienti dalle Supreme magistrature sono portatori di qualificate esperienze giudiziarie e sono sganciati dalle scelte degli organi politici. I giudici di nomina parlamentare, scelti soprattutto tra professori e avvocati, possono più facilmente essere portatori di esperienze e di sensibilità presenti nelle diverse assemblee rappresentative (spesso hanno anche alle spalle un’attività politica), ma l’alto numero di voti necessari per la loro elezione fa sì che non sia la sola maggioranza a sceglierli. Nonostante ciò, i giudici eletti dal Parlamento rimangono svincolati rispetto alle forze che li hanno indicati, ma, al pari di tutti gli altri componenti della Consulta, sono indipendenti dai partiti che li hanno eventualmente designati e dallo stesso Parlamento che li ha eletti. Gli ultimi cinque giudici sono scelti dal Capo dello Stato di propria iniziativa, essendo un suo potere, esclusivo e indipendente dalle volontà del Governo. La Corte costituzionale risulta, quindi, formata da una diversità di competenze e di punti di vista, allo scopo di favorire una posizione della Consulta al di sopra delle parti. I cinque giudici nominati dal Capo dello Stato sono scelti normalmente in funzione di integrazione o di equilibrio rispetto alle scelte effettuate dal Parlamento, in modo tale che la Corte costituzionale sia lo specchio il più possibile fedele del pluralismo politico, giuridico e socio–culturale del Paese.