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Siria, i profeti del caos

L'hanno fatto. Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna hanno attaccato la Siria. Tre gli obiettivi colpiti sostengono: un centro di comando, uno di ricerca per armi chimiche e una base. Evitate le basi con presenza di forze militari russe e questo ha, per ora evitato un'escalation del conflitto

Un attacco proditorio, senza il sostegno di alcuna risoluzione internazionale, scaturito solo dalla volontà di Washington, Londra e Parigi di autonominarsi giudici e paladini di diritti civili che in parte non sono tutelati neppure da loro. 

Le lezioni passate non hanno insegnato nulla o più probabilmente il seminare caos è preferibile a una stabilità che non coincide con gli interessi economici di quei Paesi. Infatti non è stato ancora chiarito l'effettivo attacco chimico a Duma. Non si è mai visto un attacco che colpisca solo donne e bambini. Una sostanza che possa essere dissolta solo con getti d'acqua.

La decisione di attaccare è soltanto dovuta alla volontà di abbattere Assad, un tiranno crudele senz'altro ma qual'è l'alternativa? Usa, Regno Unito e Francia non ce l'hanno. Così come non c'era in Iraq e in Libia. Solo caos. La presunta supremazia delle democrazie finora ha provocato destabilizzazioni, morti e milioni di profughi. E che dire del fatto che la sconfitta di Saddam e ora l'aggressività contro Assad colpisce in primis le comunità cristiane del Medio Oriente che sotto quei regimi prosperavano e ora sono in via di estinzione

Questo attacco, sempre che sia solo il primo, rischia di far esplodere tutto il Medio Oriente. Se un missile colpisce una base delle forze iraniane presenti in Siria questo scatenerà la risposta di Teheran che se la prenderà con Israele, innescando una reazione a catena della quale non si possono valutare le conseguenze. Oltre a questo nel Mediterraneo operano anche navi da guerra cinesi che in queste ore si sono schierate a fianco a quelle russe davanti alle coste siriane. E Pechino ha dato l'ordine di intervenire se le forze di Mosca dovessero venire colpite. La guerra dei dazi e delle sanzioni si manifesta con una prova muscolare in Medioriente. 

La Russia ha tentato di evitare il degenerare della situazione ma i pessimi rapporti con la Gran Bretagna hanno impedito qualsiasi passo avanti. Gli interessi economici restano sempre alti: la Siria, oltre ai giacimenti di petrolio, è uno sbocco al Mediterraneo molto appetito dalle compagnie petrolifere che puntano a realizzare oleodotti che evitino il trasporto attraverso il Golfo di Aden e il canale di Suez

Non a un caso da tempo si parla di una spartizione del Paese arabo in tre porzioni dove Assad e gli alawiti di fede sciita sarebbero confinati a Damasco, una parte del Nord a un'entita cura e la parte centrale a un'entità a maggioranza sunnita. A garantire la stabilità la Turchia di Erdogan, alleato Nato ma ormai sodale con Mosca. Del resto le soluzioni attuate in Afghanistan, Iraq e Libia dalle democrazie “illuminate” occidentali hanno provocato solo altro caos e destabilizzazioni di equilibri regionali. Su tutto la cancellazione dei cristiani in Medio Oriente a dimostrazione che i diritti civili entrano poco nelle strategie contro i dittatori.

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