Includere significa essere sempre dalla parte dei più deboli. Oggi vediamo come questa filosofia di vita è fortemente trasversale perché non si parla di un concetto statico ma di qualcosa di eccezionalmente dinamico. Mai qualche mese fa avremo pensato ai di profughi di guerra nel nostro contesto, di primo acchito veniva da pensare alla fragilità come alla condizione di disabilità, malattia e sofferenza.
L’inclusione oggi è trasversale in quanto ci si sta occupando di una situazione nuova, un concetto inedito di fragilità. Essa è legata alla guerra, alla disperazione, alla paura, al coraggio e al bisogno di tipo materiale per il fatto di essere in un paese straniero senza alcun mezzo di sostentamento o conoscenze. Quindi oggi includere significa anche accogliere, dare sostegno e aiutare – moralmente e materialmente – queste persone nel superamento di tale difficile fase. Chiaramente, il valore più grande di ciò è legato a quanto tutto questo bene – pur se fatto in una condizione di estrema sofferenza – possa poi migliorare la società e le persone nel loro complesso. Fare del bene fa bene, ed anche la nostra società sta traendo da questa difficile e cruenta vicenda – il seppur molto difficoltoso lato positivo – nell’aiutare e nel mettersi a disposizione nei confronti di queste persone che stanno soffrendo.
Il concetto di inclusione ne uscirà migliorato perché si aprono gli occhi ma soprattutto le coscienze e ci si rende conto che lo straniero è solamente colui che non accettiamo e non lo è più quando apriamo le porte e in primis il nostro cuore prodigandoci per accoglierlo, secondo gli insegnamenti che ci trasmette Papa Francesco nelle sue encicliche. L’applicazione di questo concetto deve migliorarci e alla fine della – speriamo breve – guerra in corso, al fine di poterlo declinare a tutte le forme di fragilità che si presentano nella vita di una persona. Il concetto di inclusione sta proprio nell’avere gli occhi per vedere le fragilità, saperle cogliere e prendersene carico.