La povertà educativa è comunemente definita come “la privazione, per i bambini e gli adolescenti, dell’opportunità di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni”. In Italia, ad oggi, secondo gli ultimi dati disponibili, a causa di questo fenomeno, un minore su sette lascia prematuramente gli studi, quasi la metà dei bambini e adolescenti non ha mai letto un libro e quasi uno su cinque non fa sport. Questi numeri ci devono far riflettere e richiedono un cambio di passo in quella che si potrebbe definire la sfida educativa per le giovani generazioni: in altre parole occorre mettere al centro dei processi educativi la solidarietà reciproca, la pace e la tutela del bene comune in ogni ambito della società.
Tutto ciò dovrà essere fatto partendo dalla scuola che, in sinergia con le altre istituzioni, dovrà contribuire in misura sempre maggiore alla creazione di una cultura in grado di ridurre sempre più e abbattere progressivamente ogni forma di disuguaglianza sociale, attuando in forma piena l’art. 34 della Costituzione che sancisce con le seguenti parole uno dei baluardi di ogni sistema democratico: “La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. Così facendo, potremo innescare un circolo virtuoso che ci permetterà di creare ponti tra le generazioni invece di muri. Ciò, inoltre, contribuirà in maniera determinante all’eliminazione delle cause della povertà educativa, facendo sì che, gli insegnati, possano diventare sempre di più delle figure centrali al fine di favorire la partecipazione degli studenti alle attività didattiche e, di conseguenza, il loro sentirsi parte attiva di quella che, con lungimiranza, Papa Francesco ha definito la nostra “Casa comune”.