Maurizio Landini, neo-segretario della Cgil, giorni fa ha riproposto l’ennesima patrimoniale. La motivazione è sempre la stessa: l’equità. In aggiunta a questa proposizione, ne aggiunge un’altra: rastrellare risorse da nuove tasse provenienti appunto dalla patrimoniale per nuovi investimenti pubblici. Chiedere ai contribuenti di pagare altre tasse per gli investimenti, come se ne pagassimo poche, quando ad esempio vengono buttati dalla finestra denari per il reddito di cittadinanza, è una vera e propria offesa al buonsenso. Va ricordato che storicamente la ‘patrimoniale’ per certe posizioni politiche e sociali, è come ricorrere all’elisir del ciarlatano Dulcamara, nell’opera lirica “L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti”: una pozione miracolosa adatta a curare ogni malanno umano. Ma come ogni intruglio dalle supposte qualità terapeutiche, non potrà portare risultati, casomai altri guai. Non solo non procura neanche effetti placebo, ma nel caso italiano, quando è stato evocato ed usato, ha dato la stura per caricare di ulteriori tasse gli italiani, soprattutto il super-tartassato ceto medio. Si, perché la parola tanto roboante, che evoca tante speranze di far pagare ai ricchi per sostenere i poveri, non risulta essere che nuovi pesi fiscali per case di lavoratori e ceto medio: soprattutto di coloro che sgobbano di più per risparmiare.
Sono le formiche italiane, che permettono agli analisti economici nostrani di dichiarare che, nonostante l’alto il debito pubblico italiano, tuttavia siamo una nazione solvibile ed economicamente solida. Ma questa condizione nel tempo, si va progressivamente indebolendo, a ragione della crisi che oramai ha caratteristiche endemiche, aggravata da politiche economiche che non prendendo il toro per le corna, scelgono quasi sempre soluzioni facili da dare all'opinione pubblica meno attenta. Insomma, non è la prima volta, che le cose vanno a finire sempre in tasse per ‘la casa’. Cosicché, da gravame a gravame, il risultato finale è che di ricchi tassati, non si vede neanche l’ombra. Il risultato finale, però, è che viene immobilizzata l’unica leva principe economica: l’edilizia. L’edilizia abitativa, infatti, oltre ad essere un bene rifugio per chi risparmia, richiede l’utilizzo di cemento, ferro, acciaio, alluminio, gesso, ceramica, legno, rubinetteria, laterizi, impianti elettrici, impianti idraulici, impianti fotovoltaici, e tanti altri materiali. Si è sempre calcolato, più di trenta settori produttivi, come settori coinvolti. Allora dico a Landini, che se vuole ottenere investimenti economici, per rilanciare l’occupazione e l’economia, si batta per sgravare di tasse le abitazioni e chieda, non l’aumento delle tasse, ma il contrario: un taglio choc di tasse per lavoratori, pensionati ed imprese. Per rilanciare consumi e investimenti privati, l’unica soluzione è la flat tax, che chissà perché, pur essendo stata l’unica proposta positiva annunciata da ambienti governativi, finora è stata relegata agli ultimi posti della graduatoria delle intenzioni. Sicuramente Maurizio Landini dirà che è un intervento utile ai ricchi; la verità è invece il contrario. Ridurre le tasse è l’unico modo per togliere di mezzo ogni ragnatela, che si frappone alla velocità degli investimenti privati ed alla impossibilità di mobilitare quelli pubblici a causa della penuria di fondi; quando non da tare ideologiche, non proprio favorevoli al ruolo degli investimenti privati. Il pil, l’occupazione, l’equilibrio dei conti del welfare, sono in grande difficoltà, proprio perché gli eccessivi carichi fiscali, frenano ogni possibilità a che l’economia possa progredire. Tant’è che il nostro pil è la disoccupazione, sono i peggiori in assoluto tra i paesi Ocse.