Una delle tante vicende che sono alla origine del declino economico e sociale del nostro Paese, che negli ultimi vent’anni – nei quali hanno governato tutti, destra, sinistra Lega e 5 stelle – ha perso quasi tutti 25 punti di PIL rispetto ai nostri Paesi concorrenti, è sicuramente quella dell’Alitalia.
Altro che “vedere, prevedere e provvedere” di cui ci parlava August Comte , il padre del positivismo.
Il problema è iniziato da quando Prodi non volle chiudere l’alleanza con KLM, che ci avrebbe dato una forza ben maggiore con Air France per dar vita alla seconda grande compagnia europea dopo Lufthansa.
Mentre nella “manifattura” e nel “Made in” non conta la dimensione del mercato interno ma conta la qualità competitiva sui mercati internazionali, per i servizi – da quelli postali a quelli aerei – conta la dimensione del mercato interno. L’Italia per competere avrebbe dovuto allearsi con un Paese più piccolo (Olanda) per competere alla pari con gli operatori maggiori (Air France).
Ora non possiamo più sbagliare.
Perché l’Italia ha le potenzialità per diventare il primo Paese per turismo internazionale del mondo, un settore che ci può dare una maggiore crescita economica e occupazionale legata a un Paese unico al mondo per bellezze naturali, storiche e artistiche. Un primato non contendibile, a condizione di avere aeroporti e collegamenti ferroviari decisamente migliori.
Perché l’Italia ha bisogno di collegare meglio gli operatori economici del nostro Paese col mercato globale, il più grande motore di crescita per un Paese che oltre al turismo è leader in alcuni settori manifatturieri, nella Made-In, nell’enogastronomico e appunto nel turismo.
Un Paese meglio collegato rende più competitive le proprie esportazioni e attrae meglio operatori economici e investimenti esteri.
Il futuro dell’Alitalia si gioca molto in Europa e in questo momento con la
Presidenza Draghi siamo nelle condizioni migliori per trattare con le Istituzioni europee.