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Il senso della nostra esistenza è edificare un mondo ricco di bene

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È alla luce degli studi su Frankl e Buber che mi sembra interessante soffermarmi a riflettere su un classico della letteratura mondiale: Il piccolo principe di A. R. de Saint Exupery.

È un libro che si regala costantemente ai bambini e che risulta affascinante perché si presenta nella forma leggera di una fiaba. In realtà si tratta di un testo molto profondo, non facile da comprendere nella verità e nei profondi insegnamenti in esso contenuti.

Il piccolo principe vive in un pianeta particolare, l’asteroide B612, e qui dedica le sue cure ad una rosa. Si accorge, però, dell’esistenza di un albero: il baobab, i cui semi possono essere molto pericolosi. Così, dopo aver cercato di dare protezione al suo fiore, decide di lasciare l’asteroide per cercare di scoprire un luogo in cui nessun essere possa danneggiarne un altro, nel quale cioè si possa vivere in perfetta armonia, nella dimensione tipica del mondo dell’infanzia. Saperlo è per lui di fondamentale importanza perché è nella reciproca intesa e nella convivenza armonica tra tutte le creature ch’egli crede che vi sia il vero senso dell’esistenza.

Capire se esista un mondo basato su questo è per lui un problema che purtroppo i grandi non si pongono più, preoccupati come sono d’inseguire il successo e il potere.

Visita così vari asteroidi e incontra individui stravaganti con nessuno dei quali riesce a stabilire rapporti di condivisione e amicizia. Giunge sulla Terra dove incontra un aviatore appiedato, costretto a riparare in pieno deserto il motore del suo aereo. È solo e sente che anche quest’uomo, incontrato all’improvviso, vive la stessa solitudine che proprio lui, ora che è lontano dalla sua cara rosa. È attratto da lui; soprattutto lo stupiscono i suoi disagi attraverso i quali, per il modo in cui è rappresentata una persona, ha modo di capire che anche l’aviatore, come lui, tende a voler vedere le cose non in superficie, come appaiono, ma come sono all’interno, nella loro essenzialità. Il disagio dell’aviatore è concepito come quello che lui era solito proporre agli altri sotto forma di un cappello, all’interno del quale però vi era un elefante in atto di avvinghiare un serpente boa. L’aviatore, a sua volta, felice di aver trovato nel piccolo principe una persona simile a lui, gli regala il suo disegno, la sua pecora perché certo che saprà amarla. Il piccolo principe ne è felice perché, proiettandosi nel suo pianeta, dove spera di ritornare, immagina che lascerà libera la pecora e così questa potrà inghiottire i semi del baobab, i semi del male. Un dubbio però lo assale: la pecora può danneggiare la sua rosa. Non sentendosi capito dal pilota, inizia a piangere e subito l’aviatore lo consola promettendogli che fabbricherà una museruola per la pecora e una corazza per il suo fiore.

Il piccolo principe resta silenzioso. Prima d’incontrare l’aviatore, nel deserto del Sahara aveva incontrato un serpente che aveva evitato di ucciderlo con il suo veleno colpito dalla purezza di questo piccolo principe giunto da un asteroide lontano. Tuttavia si era riservato di dargli il morso velenoso qualora lui glielo avesse chiesto per poter ritornare nel lontano pianeta da cui era giunto.

Proseguendo così il suo cammino, continuò ad attraversare il deserto fino a giungere in un terreno pieno di rose simili alla sua. Aveva sempre avuto la convinzione di essere un privilegiato perché possedeva un fiore unico al mondo. Scopriva invece che esistevano tante rose uguali alla sua. Si sentì inutile e pianse. Non aveva nulla d’importante. Ma non era esattamente così. Glielo spiegò una volpe comparsa all’improvviso che gli chiarì che la sua rosa era diversa da tutte le altre perché per noi diventa unico ed essenziale ciò che “addomestichiamo”, ciò con cui creiamo legami, relazioni uniche, autentiche ed indistruttibili.

Ciò che conta non è ciò che vediamo, ma ciò che è essenziale per noi e dentro di noi e che spesso non è visibile perché l’essenziale è invisibile agli occhi e si coglie solo con il cuore.

È in questo incontro tra il piccolo principe e la volpe che si svela la grandezza di questo piccolo volume, un capolavoro letterario che ci aiuta a comprendere la mutevole importanza della relazione umana, del rapporto io-tu nel quale è davvero possibile essere compresi e sentirsi umanamente amati ad ogni livello, una relazione e un rapporto interpersonale nei quali realmente ciascuno riesce a trovare la forza di andare avanti e di comprendere il senso importante della nostra esistenza: essere capaci di edificare un mondo bello, ricco di sentimenti, di bene, di solidarietà, di fede. Capire quanto sia importante “addomesticarci” l’un l’altro, dedicare le nostre cure, il nostro tempo alla compassione altrui creando autentici legami di amore e solidarietà, credo significhi davvero aver compreso il senso della nostra vita che è quello di esistere, di essere “usciti fuori” dall’Essere per far esperienza della vita terrena con tutto ciò che di bello e terribile essa contiene e per poterci poi ricongiungerci consapevolmente all’Essere dopo averne compreso la grandezza, l’unicità, la meraviglia.

Il colloquio con la volpe provoca nel piccolo principe una forte nostalgia della sua rosa, il desiderio di ritornare a lei, però teme che la pecora che ha con sé e che vuole portare con sé possa danneggiarla e perciò inizia a piangere. L’aviatore, colpito dalla forte sensibilità di questo piccolo principe, lo prende con tenerezza tra le sue braccia e si sente felice. Prova una gioia intima, unica, dolcissima, che è turbata subito però dall’improvvisa richiesta che lui, l’aviatore, mantenga la promessa di dargli una museruola per la pecora e una carezza per la sua rosa, richiesta che è il presagio di una volontà di ritornare nell’asteroide da cui è arrivato.

La sera successiva, richiamato dal piccolo principe appoggiato da un muretto, giunge silenzioso il serpente incontrato appena giunto sulla Terra nel deserto del Sahara, pronto a dargli subito, in segno di amicizia, il morso che gli aveva promesso e che gli avrebbe consentito di poter vivere finalmente in piena armonia nel suo pianeta nel quale non ci sarebbero più stati i semi del male del baobab e dove pecora e rosa avrebbero potuto finalmente convivere in una dimensione piena di cooperazione e armonia.

La pacifica convivenza tra le anime è il vero senso della vita. Questa è la vera relazione tra gli esseri viventi che trova il suo apice nell’amore. La volpe, guardando al piccolo principe, gli dice:

Tu, fino ad ora per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo”. È o non è questo amarsi davvero.

È proprio vero che gli occhi sono ciechi e che l’essenziale dinanzi ad essi è invisibile. Bisogna cercare con il cuore. Scorgeremo, così, nell’incontro che avviene attraverso gli occhi la bellezza del contatto umano. Capiremo, tuttavia, che non basterà…Solo nell’incontro del cuore coglieremo il significato più vero e più profondo del nostro esistere.

Prof. Alfredo Altomonte: