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Scuole paritarie, compromesso al ribasso

La seduta del Senato del 21 luglio scorso ha inferto un duro colpo alle famiglie di 8
milioni di studenti, condannando la Nazione a non ripartire: il diritto all’istruzione, infatti, non è stato ristabilito. Il tutto grazie alla visione ideologica dei Pentastellati, per cui il nemico da abbattere è evidentemente la scuola pubblica, altamente pericolosa in quanto produce terribili armi di distruzione di massa… dell’incompetenza: allievi indipendenti e critici! All’ordine del giorno erano le 5 mozioni sulle scuole paritarie  presentate dalle varie forze politiche – Movimento 5 Stelle (n. 256), Lega (n. 267), Forza Italia con UDC (n. 232), FDI (n.259), Italia Viva (n. 275) –, tutte praticamente identiche nelle premesse: la scuola paritaria è pubblica come la scuola statale e svolge un ruolo indiscusso nel sistema scolastico integrato; la libertà di scelta educativa della famiglia è un diritto da tutelare.

Ma analizziamo quanto è accaduto in aula, evidenziando gli aspetti positivi e i punti di fragilità sui quali occorre ancora lavorare per poter giungere alla meta (la nostra è una sosta per tirare il fiato nella corsa, non certo una resa). Primo punto positivo: in 130 giorni, l’ideologia è stata abbattuta. Tutte le forze politiche vanno ormai nella medesima direzione e, in tempi di Covid, hanno la reale possibilità di dare, insieme, un futuro alla Nazione. Eppure, proprio il diritto più importante, quello all’istruzione, è l’unico a non essere stato ristabilito, come dimostra il focus “Il ritorno dei diritti. L’indice delle libertà dopo il Covid”. Il Movimento 5 Stelle, infatti, in un do ut des tipico della convivenza forzata, ha chiesto agli alleati di salvargli la faccia con la mozione sui controlli. Come a dire: noi ammettiamo che le paritarie non sono diplomifici (dopo 130 giorni di pressing), ma in cambio voi ci date un contentino che ci permetta di dire ai nostri che ancora qualcosa contiamo: il voto alla mozione “controlli da Gestapo”.

Chi ha seguito la diretta dal Senato non può non essersi fatto questa idea. Idea
avvalorata da una precisa argomentazione in merito a tutti i controlli che già avvengono e alla dimostrazione, in punta di diritto e di economia, che i furbetti hanno protezioni. Questi, tuttavia, non potranno essere perseguiti con un eccesso di burocrazia, ma con una legge c’è e che va applicata. 2° punto positivo: gli italiani ora sono più disposti a comprendere che certe scelte non sono fatte nel loro interesse, ma servono semplicemente per mantenere le convivenze obbligate al Governo. Dietro certe riforme non c’è alcuna utilità concreta, ma soltanto accordi per tenersi stretta la poltrona, in un pericoloso gioco di compromessi di cui il cittadino paga il prezzo.

Evidentemente, PD e Italia Viva cercano di mediare per ridurre i danni: forse questo è un buon senso che va loro riconosciuto. Ci sono alcuni politici che ad un certo punto hanno deciso di non anteporre nulla al bene dei cittadini (così come un padre e una madre farebbero nei confronti dei figli) e altri che, come bambini mai cresciuti, fanno i capricci per togliersi degli sfizi (come quello di dire che i controlli vanno aumentati nonostante ciò sia materialmente impossibile).

La mozione andrà comunque riformulata e dunque al momento non c’è alcun danno
definitivo. Ma, qualora si decidesse per questo stile Gestapo, soltanto le scuole paritarie di
dimensioni medio-grandi riusciranno a sostenere gli ulteriori costi, certo non indifferenti. Le
scuole più piccole, spesso ultimi presidi di legalità nelle periferie e nel Centro-Sud,
chiuderanno e la scuola paritaria sarà costretta a diventare scuola per ricchi. Siamo dunque di fronte a una mozione inutile, che chiederà un investimento maggiore per potenziare software e controllori. Ma i soldi per la burocrazia, in una perfetta logica di accentramento statalista, si trovano sempre… Invece, per l’intelligente mozione di Italia Viva – che invoca la detrazione delle rette al 100% e passa (come votare no agli alleati, nella logica del compromesso di cui già abbiamo parlato?), ma riformulata – le risorse non ci sono… Servono per comprare 7 milioni di banchi da 300 € l’uno. Banchi del tutto inutili, se consideriamo che non abbiamo i docenti (85 mila le cattedre vacanti) né le strutture (3 mila gli edifici che la Ministra pensa di poter ristrutturare). Il tutto a 40 giorni lavorativi da quel fatidico 14 settembre in cui la scuola ripartirà per tutti. Parola di Azzolina.

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