Nelle ultime settimane, durante i lavori di una commissione speciale europea su una serie di indicazioni per combattere il cancro, è stata approvata una risoluzione non vincolante riguardo la limitazione del consumo, tra le altre cose, del vino.
In merito alle ipotesi circolate sulla possibilità di apporre etichette di avvertenza sanitaria, mettere sulle bottiglie di vino delle etichette come quelle sui pacchetti di sigarette “il fumo nuoce alla salute”, potrebbe avere un’influenza negativa sul mercato.
Il vino va certamente consumato con moderazione, ma mettere un’avvertenza che recita “il vino fa male” ricorda un precedente, quello delle etichette “a semaforo”. Per cui uno prodotto molto buono come il formaggio di fossa, secondo l’Unione europea, dovrebbe avere l’etichetta rossa perché fa salire il colesterolo.
Bisogna invece andare in un’altra direzione rispetto a “criminalizzare” un prodotto come il vino, quella di fare cibi sani e che abbiano i requisiti della massima sicurezza, e su questo i Paesi europei, a partire dall’Italia, fanno molto bene. Serve inoltre ricorrere delle indicazioni di utilizzo dei prodotti fatte da tutti gli operatori, cioè i produttori, i distributori, coinvolgendo le associazioni dei consumatori e i docenti universitari di alimentazione.
L’Italia è uno dei maggiori Paesi consumatori e produttori di vino, “se la gioca” con la Francia. Oltre a questo, lo esportiamo a livello globale e sempre sul piano internazionale stanno aumentando le nostre possibilità di entrare nel mercato di quei Paesi che si stanno affacciando all’alimentazione occidentale, come la Cina.
Il vino è un prodotto di eccellenza con un importante giro d’affari per quanto riguarda i consumi, la produzione e la vendita, e va assolutamente difeso e implementato con studi e vitigni innovativi. Questo già si fa in molte regioni della nostra penisola e quando le altre, rimaste più indietro, colmeranno il gap, porteranno il nostro Paese a nuove vette.