La “variante britannica” del virus dimostra che nelle politiche di contrasto in generale i Paesi europei ed in particolare il nostro hanno sbagliato l’analisi e quindi anche la strategia. In una situazione siffatta conseguire qualche successo sul piano tattico non serve a superare l’impasse. Dove sta l’errore? Nel pensare ad una campagna breve basata sui lockdown anche a costo di mettere a repentaglio l’economia allo scopo di resistere e contenere i danni sul piano sanitario in attesa di usare l’arma segreta del vaccino e sbaragliare il nemico.
La mutazione del virus che si appresta a dilagare nel Continente è la prova che la guerra con il Covid è destinata a durare, perché il virus è entrato a far parte della nostra quotidianità come tante altre patologie più o meno gravi e pertanto l’umanità può solo sperare in un armistizio sorretto – nel tempo – da terapie e strutture sanitarie sempre più adeguate a curare la malattia prima che a debellarla del tutto. Si ricordi che l’unico virus sconfitto del tutto è il vaiolo, ma ci sono voluti secoli.
Oggi la scienza è riuscita a fronteggiare mali un tempo ritenuti “incurabili” come il cancro e altre patologie che ci hanno colti di sorpresa (si pensi all’aids), ma si tratta di sfide da collocare in una prospettiva realistica. Chi è iscritto ad una Maratona non può partire con il guizzo del centometrista: in pochi minuti rimane senza fiato. Se è questo il messaggio che ci deriva dagli eventi, se quella con il virus non sarà una guerra lampo, non potremo combatterla chiudendoci in casa e soprattutto non potrà durare all’infinito la solfa chiusure/ristori.
All’inizio della pandemia un anziano signore di 77 anni, Wolfgang Schauble, presidente del Bundestag (il Parlamento federale della Germania) ricordò – ad un’Europa impaurita, imprigionata a domicilio da una pandemia di psicosi – che è “assolutamente sbagliato subordinare tutto alla salvaguardia della vita umana”.
L’esponente della CDU già ministro delle Finanze di Angela Merkel dal 2009 al 2017, affermò, in una intervista, che lo Stato deve assicurare le migliori cure sanitarie possibili “ma purtroppo le persone continueranno a morire a causa del Covip-19, perché tutti prima o poi lasciano questo mondo“. Le restrizioni, secondo il presidente del Bundestag, dovevano essere superate con cautela, ma le decisioni non potevano “essere lasciare interamente nelle mani dei virologi”.
Proseguendo nell’intervista Schauble non nascondeva la dura realtà da affrontare all’uscita dalla quarantena: “C’è il sentimento diffuso che ogni problema possa essere risolto con l’impiego di risorse pubbliche senza limiti (……) Ma lo Stato non può sostituirsi al fatturato per sempre”.
In questo passaggio Scauble sembrava aver intuito quali fossero le aspettative di gran parte dell’opinione pubblica, in particolare italiana, e in che cosa consistessero le politiche adottate dai governi (compreso il nostro). Lo Stato – proseguiva l’ex ministro delle Finanze ora giubilato sullo scranno più alto del Bundestag – deve assicurare ai cittadini le migliori cure sanitarie, ma non è in condizione di impedire che si verifichi, prima o poi, quell’evento finale che inizia a decorrere dallo stesso momento in cui l’essere umano viene alla luce.
Il governo italiano, in una vera e propria sequela di decreti (finanziati con scostamenti di bilancio) ha disseminato una galassia di interventi definiti di ristoro. La scheda riassume quelli fino al 19 ottobre, indicando il numero dei beneficiari, le caratteristiche di ciascuna misura e i costi sostenuti. E consente quindi una valutazione d’insieme.
Sappiamo poi che le aziende compensano – con l’uso ad libitum e gratuito della cig da covid-19 – il blocco dei licenziamenti. Anche queste misure fanno parte della strategia che spiegavamo all’inizio: si resta in apnea sott’acqua fino a quando – passata la tempesta – tutto tornerà come prima. Poi, nella c.d. seconda fase il seguito lo conosciamo: la Penisola si è trasformata, dapprima, in una sorta di tavolozza multicolore con un algoritmo al posto del pennello per segnalare il regime, variabile, di restrizioni a cui sono sottoposte le diverse regioni; è stato imposto il coprifuoco e sono state martoriate le stesse attività economiche che si erano messe in sicurezza dopo le chiusure forzate, adottate nel lockdown dei tempi eroici.
La linea è diventata la seguente: stringiamo un po’ la cinghia adesso per goderci meglio le Festività all’insegna del “Natale con i tuoi”. Poi viene decretata la guerra alle piste di neve le persone sono rinchiuse all’interno dei confini comunali trattando allo stesso modo gli abitanti dell’Urbe e quelli di Ca’ del Bosco; viene previsto un calendario per trascorrere le Feste simile alla mappa di una caccia al tesoro. Ovviamente, è iniziata in grande stile la politica dei “ristori”. A persone che chiedono di poter lavorare si eroga un sussidio attraverso un ulteriore scostamento di bilancio.
Poi qualcuno ha un’idea straordinaria: il cashback ovvero una parte dei soldi spesi a qualunque titolo, purché in modo tracciabile e di persona nei negozi a km 0 (abbasso il capitalismo globale di Amazon!), nelle prime tre settimane di dicembre, sarà in percentuale restituita dal fisco. Il governo ha piazzato su quest’operazione ben 5 miliardi. Nei week end utili le famiglie sono andate – ciascun componente distanziato, mascherato, paziente ed ordinato nelle lunghe code – a fare le spese che erano state loro raccomandate per sostenere il mercato interno. Il governo, alla vista di tante persone a passeggio, ha reagito come fosse in corso un’insurrezione. E così le festività vengono messe sotto chiave. Auguriamoci che da Palazzo Chigi sia partito l’avviso ai Re Magi di non mettersi in viaggio.