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I rischi per l’Europa se non viene rilanciata l’economia

Solo gli studiosi e i politici, che non hanno la abitudine di verificare l’andamento della economia su base regionale e nel confronto europeo, si stupiscono di fronte ai dati forniti dal Censis secondo i quali negli ultimi quindici anni è diminuito il reddito disponibile pro-capite per molte aree europee tra cui l’Italia. Iniziai il mio discorso alla grande piazza SITAV del 10 novembre 2018 segnalando quanto avevamo perso negli ultimi vent’anni. Dietro i numeri come ha ricordato recentemente l’Arcivescovo di Torino Roberto Repole, ci sono persone e famiglie.

Solo per parlare di una regione da cui sono partite sia l’Unita d’Italia sia l’industrializzazione, il Piemonte nel 2003 aveva un PIL pro-capite di 120 sui 100 della media dei Paesi europei, compresi i Paesi dell’Est. Il PIL pro-capite del Piemonte è sceso a poco più di 100. In questo calo ha inciso in modo determinante la politica europea della austerity decisa nel 2011 e ribaltata nel 2020 dal PNRR. Il Presidente Napolitano che aveva accolto la politica della austerity si accorse delle conseguenze e nel 2014 andò a Bruxelles chiedendo di attenuare quella politica. Senza un rilancio della economia l’Europa rischia la coesione. Così come dovrà mutare la decisione sull’auto del futuro.

Le Regioni e i Governi dovranno rilanciare lo sviluppo, accelerando la costruzione delle infrastrutture di trasporto ricordando che i periodi di maggiore crescita economica e sociale sono stati rappresentati dalla costruzione delle ferrovie nella seconda parte dell’800 e delle autostrade nel secondo dopoguerra. Insieme al rilancio infrastrutture occorrerà una forte difesa della nostra industria che contribuisce in modo determinante alla crescita del nostro PIL e alla crescita di nuovi posti di lavoro interessanti per i nuovi laureati. Se girano i camion gira la economia mi diceva mio papà. Se gira la economia si creano nuove opportunità di lavoro e di benessere. Solo con la crescita del nostro PIL riusciremo a diminuire il nostro altissimo Debito pubblico che ci costa, anche per i tassi alti, ben 80 miliardi di interessi, sottratti alla spesa sanitaria e alla spesa scolastica. E’ su questi temi che andranno valutati i discorsi e gli impegni elettorali di partiti e sindacati.

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