La Sacra Scrittura attesta che Dio ha donato agli uomini il suo Spirito affinché abbiano “saggezza, intelligenza e scienza in ogni genere di lavoro” (Es 35,31). L’intelligenza è espressione della dignità donataci dal Creatore, che ci ha fatti a sua immagine e somiglianza (Gen 1,26) e ci ha messo in grado di rispondere al suo amore attraverso la libertà e la conoscenza. La scienza e la tecnologia manifestano in modo particolare tale qualità fondamentalmente relazionale dell’intelligenza umana: sono prodotti straordinari del suo potenziale creativo. Nella costituzione pastorale “Gaudium et spes”, il Concilio Vaticano II ha ribadito questa verità, dichiarando che “col suo lavoro e col suo ingegno l’uomo ha cercato sempre di sviluppare la propria vita”.
Quando gli esseri umani, “con l’aiuto della tecnica”, si sforzano affinché la terra “diventi una dimora degna di tutta la famiglia umana” [2], agiscono secondo il disegno di Dio e cooperano con la sua volontà di portare a compimento la creazione e di diffondere la pace tra i popoli. Anche il progresso della scienza e della tecnica, nella misura in cui contribuisce a un migliore ordine della società umana, ad accrescere la libertà e la comunione fraterna, porta dunque al miglioramento dell’uomo e alla trasformazione del mondo. Quanto sottolineato da papa Francesco ha radici nei precedenti pontificati. E’ la stessa cosa, mutati naturalmente gli scenari e i personaggi, si potrebbe dire dei rapporti della Chiesa di Wojtyla con il mondo. Tre mesi dopo l’elezione, in Messico, il nuovo Papa pronunciò delle parole rivoluzionarie. “La Chiesa vuole mantenersi libera di fronte agli opposti sistemi, così da optare solo per l’uomo”.
Abituati, dai tempi di Costantino, a combattere o a cercare l’alleanza della Chiesa, a seconda che la Chiesa si opponesse ai loro interessi o li sostenesse, Stati e regimi politici si trovarono spiazzati – e “impauriti” – a scoprire una Chiesa che si liberava definitivamente dal fardello delle collusioni ideologiche e politico-economiche. Tentarono di volta in volta di appiccicargli le etichette più diverse. Ma Giovanni Paolo II – parlando di pace, di giustizia e in difesa della vita – non fece altro che rivendicare la verità di Dio. E, per ciò stesso, la verità sull’uomo. Il 9 novembre 2019 sarà il trentesimo anniversario – e questo libro è partito proprio da lì – della caduta del Muro, della fine del comunismo. Era una svolta epocale, un punto di non ritorno nella storia della famiglia umana. E papa Wojtyla, nella sua enciclica Centesimus Annus, propose un nuovo modello di democrazia, fondato essenzialmente sul riconoscimento dei diritti umani. In modo così da ristabilire il primato della persona sulle scelte politiche ed economiche, il primato dell’etica sulla tecnica, la superiorità dello spirito sulla materia. Naturalmente, si trattava di una società ideale, tutta da costruire. Ma già quel progetto spaventò i nuovi burocrati, proprio perché andava contro i loro interessi, le loro strategie. E così, dopo soli cinquant’anni, si risentì nella terra europea, nei Balcani, il rombo spaventoso dei cannoni. In breve, a fronte di un Papa che aveva il dono dell’utopia, della visione, e sapeva guardare oltre il contingente, c’erano uomini che avevano ancora nelle loro teste, nei loro corpi, la lunga stagione delle dittature, delle schiavitù, e pensavano di riscattarsi usandone gli stessi metodi.
Ancora una volta, perciò, le paure e i rifiuti del “nuovo”, come lo proponeva Giovanni Paolo II, non significarono affatto il fallimento di quel progetto, e dell’eredità che ne è rimasta, ma, al contrario, ne confermarono il valore, anche per il futuro. E infatti, Benedetto XVI e ora papa Francesco, ciascuno con la propria sensibilità evangelica e in rapporto alle nuove situazioni e alle nuove emergenze, hanno seguito quella via. C’è una indiscutibile continuità nei pontificati, al di là delle ovvie diversità e, più ancora, delle contrapposizioni che non pochi cercano a ogni costo di trovarvi. Ma, proprio per evitare che vincano le paure e i rifiuti, questo libro ha voluto riproporre i tratti salienti della vita e del pontificato di Karol Wojtyla. Contribuendo così, nel suo piccolo, a riscoprirne l’eredità. E a farla sbocciare in una rigogliosa primavera per la missione della Chiesa.