Come d’abitudine, leggendo i quotidiani al mattino trovo su In Terris l’articolo dedicato al documento con il quale la CEI ha preso posizione in difesa dei diritti del malato durante quella che viene definita la sera della vita; sullo stesso tavolo mia moglie è concentrata a scrivere a mano una lettera alla zia, anziana ospite in un Istituto a Bologna, la loro città. Quanta somiglianza tra le riflessioni della CEI e l’operato concreto di mia moglie: amare sempre la vita, amarla comunque, scrive il Papa ed il documento episcopale entra in dialogo con i medici per stabilire le priorità di salvaguardare la dignità del paziente in fin di vita attraverso il rispetto delle sue esigenze ad una serena relazione con il mondo che sta lasciando. Mia moglie dedica parte del suo tempo anche alla anziana zia, ammalata, ospite permanente in un istituto di cura adeguato alla sua condizione non autosufficiente, premurandosi di non farle mancare il calore familiare, giacché alla lettera sta allegando alcune foto dei nostri figli e nipoti, affinché si senta tra di noi. Sopraggiunge una nipotina, di otto anni, che vuole inserire nella busta anche la cornice che contiene la foto e la nonna, con la pazienza che la distingue, le spiega che non occorre poiché la zia potrà vedere le foto più comodamente senza la cornice.
Uno spaccato quotidiano di un sabato mattina familiare, lontanissimo dalle bufere mediatiche e dall’astrattezza dei social, che mi richiama l’insegnamento costante della Chiesa rivolto alla vera qualità della vita, attraverso gesti semplici ma carichi di intenso affetto, di rispetto per l’altro e la sua condizione, di attenzione e premura per chi anche un semplice cenno di saluto rappresenta un momento di gioia.
Qualcuno penserà che sono argomenti non più di moda, ma fortunatamente non sono in molti, anzi; sarò particolarmente fortunato ma mi capita di incontrare in continuazione persone che vivono lontano dai mali del tempo attuale, tra cui annovero questa esasperata ricerca di improbabili soddisfazioni nel confrontarsi vittoriosamente sugli altri. Osservo con compiacimento ed un pizzico di stupore come i gesti quotidiani continuano ad essere improntati ad un sano rispetto, a quella gentilezza che il mio amico Antonio ha voluto istituire anni addietro come metodo di dialogo e gioisco a vedere che oggi assurge ad insegnamento universale. Ieri l’altro leggevo della preferenza del noi, rispetto all’io, oramai scaduto di interesse, e poi a seguire mio figlio ha commentato un mio intervento lodando i pregi del lavoro d’insieme, ricordando come l’orchestra sia paragonabile ad un palazzo per il ruolo indispensabile svolto da ciascuno, la cui mancanza ne determina la rovina.
Insomma, questo isolamento da pandemia sta agevolando la riflessione, sta facendo emergere i sentimenti sani e puri giacché, finalmente lontano dai mercati e dalle trappole, ciascuno si sta rivalutando con i propri mezzi e scopre di essere buono, bravo, autentico, sincero, leale.
E si accorge che gli anziani riescono a dare ancora tanta saggezza ed a trasmettere quell’esperienza utile a dirimere i contrasti e favorire le scelte, mai imponendosi, sempre dialogando, mai pretendendo, sempre riflettendo, con la pazienza e la pacatezza d’animo e di pensiero che contraddistingue l’età matura.
Sono un valore ineludibile gli anziani, poiché hanno visto e sanno raccontare, non si lasciano incantare facilmente, non cadono nei tranelli mediatici, ancora pensano ed ancora decidono forti dell’esperienza vissuta, della conoscenza del mondo e delle persone; troppo spesso messi da parte perché ritenuti inutili alla produzione e visti ancora come mercato da sfruttare, dimenticando che da loro proviene la memoria autentica del passato, scevra dalle versioni ufficiali, concentrata sui particolari senza superflue e pericolose generalizzazioni, vera perché vissuta.
Gli anziani sono una risorsa, altro che un peso per la società, gli anziani sono la famiglia, sono le radici, sono la struttura portante di cui i giovani rappresentano lo sviluppo concreto, l’attuazione dei principi adeguati al mondo che avanza, il futuro, l’obiettivo di cui gli anziani sono la macchina fotografica.