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Le mosse di Renzi e il rebus maggioranza per il governo Conte

Dopo il voto delle due Camere il governo è ancora vivo, ma non è detto affatto che sia anche vitale. Nonostante che vi siano parecchi ed autorevoli precedenti – nella storia della Repubblica – di esecutivi che al Senato avevano soltanto una maggioranza relativa, pare che il Presidente Sergio Mattarella chieda una nuova maggioranza (magari anche una riedizione della precedente) che si stabile e “formattata”.

Ciò comporta la necessità di radunare gli “sbandati’’, provenienti da diverse formazioni politiche, in un solo gruppo che raggiunga il numero dei senatori previsti per costituirne uno autonomo o che riceva in prestito o in comodato (non) gratuito un simbolo già esistente. L’impresa è assai complessa, quasi impossibile. A renderla ancor più improbabile è arrivata la notizia dell’indagine del procuratore Nicola Gratteri su Lorenzo Cesa: un’iniziativa che ha messo fuori gioco l’Udc.

Un piccolo gruppo che non ha votato la fiducia al Conte 2, e la cui disponibilità ad entrare in maggioranza era tutta da dimostrare; ma potendo mettere a disposizione una storia ed un simbolo rappresentava comunque un’opportunità da non trascurare nella ricerca di voti stabili. Ad essere realisti, l’unica possibilità di tenere in piedi la baracca dell’esecutivo è riposta nel recupero di un rapporto con Italia Viva.

Ma per tornare sui suoi passi, Matteo Renzi deve ottenere lo scalpo di Giuseppe Conte. Se l’embrassons nous dovesse risolversi con un reincarico a Conte, con un rimpasto della compagine e magari con qualche ministero importante per Maria Elena Boschi, sarebbe stato sprecato solo del tempo sulla scena consunta del teatrino della politica. Perché Renzi avrebbe potuto ottenere questo stesso risultato senza far saltare il tavolo.

Il quadro politico, dunque, sta scivolando su di un piano inclinato verso le elezioni anticipate. Sarà anche vero che nessuno le vuole, che il partito di maggioranza relativa – il M5S – vedrà massacrata la rappresentanza conquistata nel 2018, che tanti parlamentari non entreranno tra i seicento che saranno eletti. Queste ragioni ostative nei confronti delle elezioni anticipate sono sempre esistite; ma alla fine questo esito diventava inevitabile.

Aprire una crisi al buio è come volteggiare sui trapezi di un circo senza la rete di protezione. Se così fosse i partiti che hanno dato vita alla maggioranza giallo-rossa dovrebbero andare a nascondersi. Il Pd soprattutto, ma neppure Renzi si salverebbe. Il governo Conte 2 è nato approfittando di un clamoroso errore di Matteo Salvini nell’estate del 2019.

La svolta dell’Unione europea – a seguito della pandemia – ha costretto i partiti sovranisti ad abbaiare alla luna, essendo l’Italia il Paese più favorito nella ripartizione del Recovery Fund. L’impiego al fine della ripresa economica delle ingenti risorse sarà vigilato e controllato – questa è una garanzia – dalla Commissione. Per di più negli Usa con Joe Biden, sono tornati al governo gli amici dell’Europa e viene cacciato The Donald, il capobanda del sovranismo internazionale.

Nonostante queste insperate opportunità che cosa combina il nostro Paese? Lo stratega dell’operazione Conte 2 – Matteo Renzi – affonda la barca durante la navigazione, col rischio di consegnare – se vorranno farlo perché sono capaci anche di rifiutarsi – al centro-destra (anzi alla destra-destra) il malloppo da 209 miliardi e soprattutto di mandare al Quirinale per sette anni un incallito avversario dell’Unione.

In queste settimane ricorre il primo anniversario della morte di Giampaolo Pansa, scrittore e “grande vecchio” del giornalismo politico italiano. Pansa, nel momento in cui Renzi era all’apoteosi del potere, aveva saputo prenderne le misure e denunciarne l’arroganza, l’astuzia contrabbandata per intelligenza, il pressapochismo nei principi. I fatti gli hanno dato ragione.

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