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Lavoro: il Recovery opportunità per un cambio di rotta

Se in generale la pandemia ha peggiorato le condizioni del mercato del lavoro, con una situazione che rischia di diventare esplosiva nei prossimi mesi a causa della fine del blocco dei licenziamenti e della cassa integrazione per Covid, le donne e i giovani hanno pagato il prezzo più alto della crisi in quanto impegnati a ricoprire ruoli e a svolgere lavori precari, soprattutto nei servizi, e le donne perché hanno avuto un maggiore carico familiare con le scuole chiuse.

In realtà il lavoro è in crisi da tempo e il coronavirus si è solo affiancato a una situazione già pesantemente compromessa. In Italia il lavoro nero è da primato, la precarietà è la normalità e il tasso “ufficiale” di disoccupazione è al 10,2 per cento, quasi il doppio della media europea, mentre quello giovanile si colloca al 30,2 per cento, quasi il triplo del dato comunitario.

Le cronache quotidiane del nostro Paese, anche quelle degli ultimi giorni, più che cercare di supportare le poche speranze per il futuro, per esempio individuando buone prassi, nuovi insediamenti, proficui investimenti, viceversa rinnovano il calvario di brutte notizie su questo fronte con l’aggiornamento del conteggio delle morti bianche.

L’amaro primo maggio da poco celebrato è stata un’occasione mancata da parte delle istituzioni e dei media per affrontare e rilanciare queste tematiche. Al centro dell’attenzione sono state le polemiche che hanno investito l’evento-simbolo: il Concertone della triplice sindacale. Un appuntamento che ha visto il cantante Fedez monopolizzare il palco con un monologo a favore del DDL Zan. Tutto ciò ha confermato come questo evento sia estraneo alle persone che chiedono lavoro e tutele, e segna un solco sempre più accentuato tra opinione pubblica e sindacati, che conferma la crisi della mediazione e della rappresentanza. La rincorsa ad accaparrarsi l’agibilità giuridica dei desideri da parte di lobby fiancheggiate da partiti che una volta si dicevano ‘dei lavoratori’ sembra aver archiviato anni di lotte per il riconoscimento dei diritti sociali veri come, oltre al lavoro, la casa, la salute, la scuola.

I 209 miliardi del Recovery Fund potranno essere l’opportunità per una inversione di rotta, tesa a restituire centralità al lavoro e alla dignità delle persone. Nel 2000, in occasione del Giubileo dei lavoratori, S. Giovanni Paolo II esortò a una coalizione globale per un lavoro dignitoso. La convergenza di visione sulla dignità umana, sul lavoro e sullo sviluppo è proseguita con l’affermazione di Benedetto XVI nella Caritas in veritate circa il ruolo del lavoro dignitoso nel superamento della povertà e nella promozione dello sviluppo e con l’esortazione affinché “l’interazione etica delle coscienze e delle intelligenze” guidi veramente lo sviluppo umano.

La straordinaria opportunità delle risorse europee non va sprecata: da essa dipende davvero il futuro dell’Italia. È necessario fare presto e fare bene, mettendo da parte ideologismi e rivendicazionismi da salotto.

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