Tanto clamore per nulla. Tanto clamore per una norma, la cui opportunità era già stata evidenziata nella precedente legislatura, stante le dichiarazioni rilasciate, il 7 novembre 2021, al Messaggero dal Ministro dell’Interno di allora, Luciana Lamorgese. In quell’occasione, in una lunga intervista, per difendersi dalle critiche e polemiche, sollevate, in particolare, da Giorgia Meloni e Matteo Salvini, per i gravi fatti accaduti a Viterbo e a Torino, la titolare del Viminale rilevava un vulnus normativo, in tema di rave party. Nessuna forza di sinistra, presente nel Governo Draghi, ha avuto, all’epoca, alcunché da obiettare. Oggi, invece, il dibattito politico si è notevolmente acceso in seguito all’introduzione nel codice penale dell’art. 434 bis “per la prevenzione e il contrasto dei raduni illegali”, meglio conosciuti come rave party, nonostante la ratio, che ha condotto il Governo Meloni ad emanare la norma de qua, non sia poi così lontana dalle considerazioni e dai propositi esternati dal Ministro Lamorgese nella succitata intervista.
Il Ministro Lamorgese dichiarava, infatti: “I rave party si sono sempre svolti. Solo nel 2018 ci sono stati almeno una cinquantina di raduni clandestini… E come è stato osservato in più occasioni, le leggi in vigore non ci mettono in condizione di contrastare questi grandi rave illegali come avviene in altri Paesi d’Europa dove le norme sono più severe. Sono consapevole del senso di preoccupazione che questo fenomeno determina nell’opinione pubblica, sia per i comportamenti illegali connessi all’abuso di sostanze alcoliche e stupefacenti, sia per i riflessi sulla possibile diffusione dei contagi”. Ancora: “Non può certo essere ignorata la sentenza della Corte di Cassazione del 2017 incentrata sulla non punibilità degli organizzatori degli eventi non indetti nell’ambito di una attività imprenditoriale… Sono convinta che serva un intervento normativo per rafforzare il sistema di prevenzione e contrasto. Il Ministero dell’Interno sta lavorando ad un’ipotesi di fattispecie criminosa che consenta di disporre la confisca obbligatoria dei veicoli e degli strumenti necessari per l’organizzazione dell’intrattenimento e che preveda l’obbligo del ripristino dei luoghi. Sul piano preventivo, potremmo introdurre la possibilità di ricorrere ad altri strumenti investigativi, come già avviene per diversi reati di particolare gravità. Tutto questo per allinearci alla legislazione degli altri Paesi europei, nei quali, evidentemente, oggi gli organizzatori dei rave party rischiano molto di più”. Ebbene, detto, fatto…ma non dal Governo Draghi, bensì dal Governo Meloni.
Dopo un anno, infatti, in mancanza di un atto normativo nei termini sopra esposti, il Governo Meloni ha introdotto il nuovo delitto di invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica (art. 434 bis c.p.), prevedendo una nuova ed autonoma fattispecie di reato, quale “l’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”, colmando così il vuoto normativo evidenziato dal Ministro Lamorgese. Pur senza entrare nel merito della discussione in atto sotto il profilo giuridico, è opportuno ricordare che le due Camere Parlamentari, nell’esercizio della funzione legislativa, hanno la possibilità di modificare, correggere, integrare e migliorare la norma introdotta con il decreto legge n. 162 del 31 ottobre 2022. Certo, nella dialettica del dibattito attuale, si può essere d’accordo o contrari, ma, in ogni caso, non si può ignorare il dato, ormai pacifico, ed emerso in tutti questi anni: i rave party sono riunioni illecite e illegali, che minano e ledono concretamente i beni dell’ordine pubblico, della incolumità pubblica e della salute pubblica. Si tratta di beni giuridici costituzionalmente protetti, su cui si regge l’ordinata e civile convivenza nella comunità nazionale e lo Stato, dunque, ha il dovere di porre in atto tutte le legittime misure, possibili e necessarie, per l’attuazione di tale protezione…nell’interesse di tutta la società.