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Ma la ragione non basta a spiegare il mistero del dolore

Una triste notizia irrompe nel ritmo quotidiano: un giovane di appena venti anni, non ancora compiuti, ha perso la vita in un incidente d’auto, rientrando a casa, complice il fondo stradale viscido ed un cane che ostruiva la via, costringendo ad una repentina manovra conclusa contro un albero.

La madre, già segnata da analogo destino anni addietro, composta nel suo immenso ed inimmaginabile dolore, si affida attonita alle preghiere cercando una risposta ad un destino così crudele, ma purtroppo è destinata a rimanere nel suo dolore senza una spiegazione convincente.

Perché la morte è un mistero che l’uomo non può percepire affidandosi solo alle vie della ragione, della logica o della spiegazione scientifica da cui la morte è svincolata. La banale dinamica soddisfa le attività destinate a cercare eventuali responsabilità, ma si esaurisce tra le regole che gli uomini si sono date per gestire i loro rapporti; non interessa e se interessa opera su un piano diverso da quello che lega gli affetti tra le persone.

Lo sguardo, perso nel vuoto, di una madre rivolta al catafalco che ospita le spoglie senza vita risponde più di ogni parola alla impenetrabilità del mistero della morte perché non ha un perché, non ha una ragione, non c’è ragione che possa comprenderla. È inutile, possiamo solo accettarla perché dobbiamo solo accettarla.

La risposta è nella vita, nel percorso che ciascuno compie secondo una volontà che sembra appartenergli ma in realtà lo guida verso mete impreviste ed inattese, apparentemente legate da un principio di causalità che sovente deve cedere di fronte a dinamiche non consequenziali. Poiché quello che sembra essere la conseguenza di una determinata azione, non è altro che solo la probabilità che derivi da quella causa e non da altro.

Oramai è certo: la ragione non è che un metodo di supporre che determinati effetti provengano da determinate azioni, a condizione che il sistema in cui si svolgono tali supposizioni non sia influenzato da altre cause.

Praticamente una situazione impossibile, poiché il concatenarsi delle cause si sviluppa all’infinito e le variabili sono innumerevoli cosicché alcuna ragione può prevedere determinate conseguenze come alcuna ragione può spiegare la causa di determinati effetti. Sarà inaccettabile ma è certamente così, scientificamente provato, come usa dirsi.

Il piano di svolgimento dei rapporti di causa ed effetto è convenzionalmente delimitato al campo osservabile e misurabile dalla percezione sensoriale, ma già quando occorre procedere all’osservazione strumentale, le cose si complicano e la convenzione che regge il principio di causalità finisce per cedere il passo alle ipotesi probabilistiche: l’avanzamento degli studi scientifici ha finito per distruggere la scienza e le sue convinzioni.

All’uomo è aperto uno scenario diverso dalla fredda meccanica ed involge quello che, per certi versi a ragione, viene definito il soprannaturale ed in questo campo vigono altre regole, se mai sono tali. Vige anzitutto la regola del sentimento, dell’affetto, vige il principio del bene, vige la lotta per la sopraffazione del male, il principio di ordinamento delle cose secondo criteri differenti da quelli razionali e sistematici.

Si usa dire che la morte spalanca le porte alla vita vera, eterna ed imperscrutabile, liberando l’anima dalla prigione del corpo. I cristiani sanno che il Giudice Supremo chiama a sé le Sue creature per farle risorgere nell’ultimo giorno. Eppure, il dolore che invade il cuore di chi si vede privato di un affetto così importante fa fatica a sopportare il peso di questa perdita, non se ne dà una ragione, avverte la mancanza nella quotidianità.

Dobbiamo imparare a convivere con questa evenienza, dobbiamo accettare la morte come momento di transizione da uno stadio terreno ad una realtà divina, spirituale, dobbiamo sapere che non possiamo spiegare il mistero della morte ma possiamo vivere i giorni che ci sono concessi con la serena fiducia di assolvere al nostro compito di perseguire il bene, ciascuno secondo le proprie possibilità. Possiamo vivere godendo dei piaceri terreni sapendo di camminare insieme verso una meta che ci è stata assegnata, possiamo amare la vita consapevoli della sua caducità, possiamo vincere la morte accettandola e superandola con l’amore che fa vivere oltre di essa.

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