Ogni ordinamento stabilisce le regole per l’acquisto e la perdita della cittadinanza. In molti Stati i principi al riguardo sono stabiliti a livello costituzionale, in altri invece, tra i quali l’Italia, la disciplina è interamente demandata alla legge ordinaria. La cittadinanza si può acquisire per diritto di sangue, per diritto del suolo, per naturalizzazione. Lo ius sanguinis comporta il riconoscimento della cittadinanza alla nascita da un genitore in possesso della cittadinanza. Lo ius soli comporta il riconoscimento a chi è nato sul territorio dello Stato, o a chi ha contratto matrimonio con un cittadino. La naturalizzazione comporta la cittadinanza attraverso un provvedimento della pubblica autorità, subordinatamente alla sussistenza di determinate condizioni o per meriti particolari.
La scelta fondamentale che si trovano a fare gli ordinamenti è quella tra ius sanguinis e ius soli, avendo la naturalizzazione una funzione semplicemente integrativa. Lo ius sanguinis, adottato in Germania e in Italia, presuppone una concezione oggettiva della cittadinanza, basata sul sangue, sull’etnia, sulla lingua. Diversamente, lo ius soli, adottato in Francia fin dal 1515, presuppone una concezione soggettiva della cittadinanza, basata sull’appartenenza ad un determinato territorio. Al momento la maggior parte degli Stati europei adotta lo ius sanguinis. L’adozione dell’una piuttosto che dell’altra possibilità ha rilevanti conseguenze negli Stati interessati da forti movimenti migratori. Infatti, lo ius soli determina l’allargamento della cittadinanza ai figli degli immigrati nati sul territorio dello Stato. Al contrario, lo ius sanguinis esclude gli immigrati a tutela dei diritti degli emigrati, ed è dunque spesso adottato dai Paesi interessati da una forte emigrazione, come l’Italia.