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Qual è la principale via di trasmissione del Sars-Cov-2

È stato dimostrato (per esempio nel caso della nave da crociera Diamond Princess in rada a Yokohama) che si può avere anche una trasmissione attraverso aerosol (del diametro inferiore a 5 micron) in ambienti chiusi, poco areati, eventualmente attraverso i circuiti di aria condizionata. Altra modalità possibile è la trasmissione tramite il contatto delle mani con superfici od oggetti contaminati e poi portando le mani a occhi, naso e bocca, per cui il frequente lavaggio delle mani all’ingresso in luoghi pubblici e al ritorno a casa è fortemente raccomandato. La principale via di trasmissione di SARS-CoV-2 è aerogena. Sotto il profilo di sanità pubblica la massima importanza deve essere attribuita alle droplets, goccioline di muco e saliva emesse con il respiro, parlando, tossendo e starnutendo, che usualmente hanno un raggio di caduta al suolo entro 100-150 centimetri, per cui si assume che il distanziamento (1-1,5 metri) fra le persone sia il più efficace metodo di prevenzione. Il virus si trova anche nei fluidi corporei e nelle feci, ma non è dimostrata una via di trasmissione tramite questi veicoli biologici.

È stata proposta una formula per valutare il rischio di infettività, che è funzione del tempo di esposizione e dell’ampiezza della carica virale. Il rischio più elevato si riscontra nelle situazioni di esposizione per tempi protratti, anche con basse cariche virali. La carica virale (cioè la quantità di virus presente nei vari mezzi biologici di trasmissione) è quindi un fattore importante per la trasmissione e, a sua volta, è correlata allo stadio e alla gravità di malattia del soggetto infetto. Nel periodo di incubazione (intervallo fra esposizione al virus e inizio dei sintomi, di 4-5 giorni mediamente) il momento di massima infettività è nei 2-3 giorni precedenti la comparsa di sintomi, il declino dell’eliminazione del virus inizia intorno a 7 giorni ma nei casi più gravi è protratto oltre 2 settimane.

Sappiamo che, a differenza della SARS, in cui i sintomi compaiono rapidamente, dopo 2-3 giorni dall’esposizione e quindi si possono considerare infettanti praticamente solo i casi sintomatici, nell’infezione da SARS-CoV-2 giocano un ruolo importante (fino a sostenere oltre il 40% dei casi) non solo i malati ma anche la vasta quota di asintomatici e dei presintomatici. Questi soggetti, data l’assenza di sintomi, con maggiore difficoltà possono essere identificati e isolati. La COVID-19 si configura come una “nuova infezione” sostenuta prevalentemente dalla variante virale di SARS- CoV-2 denominata Omicron, molto trasmissibile, con tropismo per le vie aeree superiori, con periodo di incubazione breve (2-3 giorni) e minore gravità clinica. In questa nuova epidemia, la vasta quota di infetti asintomatici sostiene ampiamente la trasmissione.

Un parametro epidemiologico importante per valutare la contagiosità dell’infezione è l’indice di riproduzione R0, che definisce il numero medio di nuovi casi (casi secondari) generati da un singolo soggetto infetto (caso indice), in assenza di misure di contenimento. Un’epidemia si può ritenere controllata quando l’indice R0 (o Rt in presenza di misure di contenimento) è ridotto e mantenuto inferiore a 1 e invece in attiva crescita di contagi quando superiore a 1. Questo indice viene calcolato con una formula complessa in cui il fattore di dispersione descrive la misura in cui si possono determinare focolai (cluster) d’infezione attraverso eventi di “superdiffusione”. Si calcola che, in presenza di eventi di “superdiffusione”, un 10% di infetti possa causare anche l’80% dei casi secondari. I fattori di “superdiffusione” sono correlati a caratteristiche individuali, ai tempi di contatto (stabiliti in oltre 15 minuti) e agli spazi fisici (ambienti chiusi, poco umidificati e poco areati).

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