75 convegni, 12 mostre, 15 spettacoli, 110mila metri quadri di spazio in Fiera, con un “app” per l’accesso in sicurezza gestita in maniera perfetta. Sono queste le proposte lanciate dal 42esimo Meeting 2021, ma con una marcia in più rispetto alle passate edizioni: il desiderio di invitare tutto il mondo a riprendere coraggio.
Il tema “Il coraggio di dire io”, frase del filosofo Soren Kieirkegaard, è infatti il tentativo di raccogliere la sfida lanciata dal fondatore dell’esistenzialismo in tempi non meno difficili dei nostri e – come ha detto il Papa nel suo tradizionale messaggio augurale – è un titolo quanto mai significativo quando si tratta di ripartire con il piede giusto per non sprecare l’occasione data dalla crisi della pandemia”. Ma dove trovare questo coraggio? Se fosse una dote spontanea si potrebbe pensare di darsela da sé, magari facendo leva sui propri generosi sforzi. Invece no, si tratta di ben altro. La risposta ci è stata data nell’incontro principale del Meeting del 22 agosto condotto da Javier Prades.
“L’uomo contemporaneo – ha detto il rettore dell’Università San Damaso di Madrid – che ha smarrito la possibilità di conoscere se stesso e di sentirsi riconosciuto dagli altri vive oggi il dramma di una grave solitudine e di una notevole incapacità di stabilire legami stabili”. In tutta questa deriva Prades ravvisa tuttavia una “crepa nel muro: la nostalgia di qualcosa d’altro” a cui la tradizione ebraico-cristiana ha dato risposta. Prima Abramo e poi Gesù sono la testimonianza che “per poter dire io ci vuole un Tu”. Se Abramo dà inizio a una nuova storia, la storia di un dialogo con Dio in cui l’io trova se stesso, con Gesù l’uomo scopre di poter essere pienamente se stesso perché amato e a questo amore è chiamato a rispondere. “Avere il coraggio di dire io vuole dire quindi abbandonarsi totalmente a questo rapporto”.
Ma come fare? Il metodo ce lo indica la frase finale di don Giussani, che troviamo in una delle 12 mostre dal titolo emblematico e apparentemente impossibile “Vivere senza paura nell’età dell’incertezza”: “Io non riesco a trovare un altro indice di speranza se non il moltiplicarsi di queste persone che siano presenza. Il moltiplicarsi di queste persone e una inevitabile simpatia fra loro”. Perché alla paura e alla solitudine dell’uomo può rispondere solo un Dio incarnato nella storia, testimoniato da uomini che sono la prova concreta del Suo amore.
Un’edizione che ha offerto un percorso molto ricco come la bellissima mostra su “Tolkien e la polifonia della creazione”, quella di Rose Busingye dal titolo significativo “Tu sei un valore”, oppure l’incontro sull’Enciclica “Fratres Omnes” in cui Damir Mukhetdinov, Primo Vicepresidente del Consiglio Religioso dei Musulmani della Federazione Russa confessa di aver tradotto in russo l’Enciclica unicamente perché affascinato dal concetto di fratellanza proposto e per il desiderio di farla diventare una esperienza realmente possibile. “Per dire io ci vuole un Tu”, quel Tu che solo il popolo della Chiesa rende visibile in una compagnia che abbraccia tutti gli uomini, senza distinzione alcuna perché, come Rose Busingye continua incessantemente, ciascun uomo ha un valore infinito.