Ho apprezzato la chiara sintesi con cui Giampiero Gramaglia celebra il trentennio del Trattato di Maastricht. Un passaggio avrebbe a mio avviso meritato più attenzione quello in cui si ricorda, quasi fosse un dettaglio, che ”In parallelo, il Parlamento europeo eletto a suffragio universale, aveva prodotto, sotto la spinta e con la visione di Altiero Spinelli, un suo progetto d’Unione europea”. Questa infatti è la vera, decisiva, svolta non solo politica ma culturale, come sarà chiaramente mostrato dal progetto giscardiano di Costituzione Europea, bocciato poi da diversi Paesi in cui la approvazione era legata alla indizione di referendum popolari.
Si abbandona la strada indicata e percorsa dai primi Padri dell’unità europea (Adenauer, De Gasperi, Schumann), fondata sulla concretezza, che identificava l’Europa riconoscendone le diverse caratteristiche a partire della storia e della realtà vissuta dai popoli europei, per avviarsi su un percorso che identifica l’Europa in un modello dettato dall’ideologia, quella appunto che pervade il manifesto di Ventotene.
I problemi che l’Europa aveva di fronte allora, e che nell’Europa di oggi stanno esplodendo, hanno trovato in questa scelta un brodo di cultura che ha alimentato da un lato l’onnipotenza (e l’ottusità) burocratica che caratterizza oggi l’UE e dall’altro il populismo, reazione alla crescente invadenza di un potere impersonale mosso da obiettivi estranei alle effettive condizioni e bisogni, cui ci si piega solo quando l’alternativa appare essere il disfacimento dell’UE. Nel trentennio di Maastricht sarebbe giusto ricordare anche questo.