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Prima alla Scala: spettacolo avvincente, ma con qualche contraddizione

La tradizione vuole che la sera di Sant’Ambrogio si apra la stagione lirica nazionale con la prima del Teatro Alla Scala e quest’anno è stato possibile per il superamento dell’emergenza sanitaria: il teatro appariva gremito in ogni ordine e posto, con il pubblico istituzionale delle grandi occasioni e la partecipazione del Presidente Mattarella, ultima del settennato in scadenza, cui sono stati tributati ben undici minuti di applausi del pubblico in piedi, in attesa della celebrazione dell’inno nazionale.

Un cliché consueto e rigorosamente rispettato, con attenzione agli aspetti formali e l’entusiasmo per la ripresa della vita normale, dopo la pausa dello scorso anno, evidentemente a celebrare la fine dell’oscuramento. Qualche visibile contraddizione ancora testimonia, però, la gran confusione sull’argomento poiché la serata televisiva mostra la sala piena, nonostante viene ancora diffuso il contenimento degli assembramenti ed il mantenimento delle distanze, l’uso delle “mascherine protettive” rimane incerto poiché la indossa visibilmente il presidente Mattarella e gli ospiti istituzionali ma non il pubblico nei palchi ed in platea, né gli ospiti intervistati e neanche gli operatori televisivi, la indossa vistosamente il direttore musicale inquadrato ma non il sovrintendente, come i musicisti degli archi e non quelli dei fiati (qui la ragione sembra ovvia ma se c‘è pericolo di contagio le eccezioni dovrebbero essere evitate): ma è una banale inezia che non deve disturbare uno spettacolo curato in tutti i minimi particolari!

L’esecuzione è stata molto avvincente, con la stupenda regia di Davide Livermore che ha indovinato l’allestimento e l’ambientazione, in una New York dei gangster, i frenetici ritmi moderni, l’uso alternato dei colori freddi e caldi seguendo la trama, la folla dei morti violenti a contornare gli artefici del male in lotta per il potere, un ascensore al centro della scena che simboleggia la gabbia in cui sono astretti i malvagi protagonisti e tanti altri simboli di grande efficacia, come la scena del sonnambulismo ambientata sul cornicione del grattacielo da cui si immagina che la perfida precipiti dopo la vana ascesa.

Eccellente la prova canora e teatrale di Luca Salsi nel ruolo del protagonista, che ha offerto non solo la grande capacità tecnica di cui è portatore ma anche una lettura drammatica assolutamente in linea con le tinte della tragedia e secondo le indicazioni ed i desideri di Verdi. Anche le brevi apparizioni di Abdrazakov e di Meli sono state di ottima esecuzione, in linea con le note caratteristiche di entrambi gli interpreti, oggi, come il protagonista, nella piena maturità artistica ed indubbiamente tra i migliori al mondo.

Inopportuna, a mio avviso, la scelta della Netrebko, la cui voce si è oramai scurita e non ha quasi più nulla del timbro con cui divenne famosa nei ruoli belcantistici dei primi anni duemila, ed il cui recitare è apparso eccessivo e ridondante, al limite del fenomeno da baraccone, al pari dell’interpretazione vocale, inusitata per il ruolo: e lo ha purtroppo dimostrato nella infelice cavatina lasciando vana la speranza che potesse riprendersi (a me è parsa anche una falsa nota nella difficile tessitura della scena finale). Certamente è stata scelta per il richiamo ma con il cast selezionato ci sono oggi soprano d’agilità di tutto rispetto che avrebbero assicurato una migliore lettura.

Ma non mi è sembrato che fosse questo l’obiettivo; ho avuto la netta sensazione che la manifestazione doveva assicurare il successo mediatico per veicolare messaggi di rassicurazione e fiducia in questo momento di grande cambio di passo nella gestione del rapporto tra governanti e governati, quasi a mostrare la propria bravura nell’organizzare piuttosto che la qualità dello spettacolo, a cui viene riservato il ruolo di occasione, magari anche pretesto, per dare sfoggio del proprio inappuntabile metodo. Qualcuno ricorderà che gli aristocratici avevano il vezzo di lasciare qualche dettaglio al caso per distinguersi dai parvenu che, invece, si presentano perfetti e, perciò solo, inautentici.

Ma l’opera rappresentata ha proprio queste corde nel dramma: Macbeth non può regnare per aver assassinato Duncano e Banquo su istigazione della moglie giacché il male ha vita breve e non può trionfare.

Roberto de Tilla: