Le persone con disabilità, purtroppo, a causa della loro condizione di maggior fragilità, sono maggiormente esposte ai rischi della povertà economica e sociale, con la marginalizzazione che ne consegue. I dati Eurostat, ad esempio, sottolineano che, il 29,7% della popolazione dell’Unione Europea di età pari o superiore a 16 anni affetta da una forma di disabilità è a rischio di povertà o esclusione sociale rispetto al 18,8% di quelli senza disabilità. Dietro a questi dati ci sono storie di persone e famiglie che, loro malgrado, sono costrette a vivere una quotidianità molto difficile e con diversi ostacoli.
Penso ai genitori lavoratori caregiver i quali, spesso, a causa delle difficoltà nella conciliazione tra impegni lavorativi e compiti di cura a cui, sovente, si unisce una carenza di servizi, sono costretti a lasciare il proprio impiego, precipitando conseguentemente verso una condizione economica più difficile. Inoltre, a causa delle necessità di cura che, a volte, potrebbero implicare degli spostamenti in strutture sanitarie ubicate in quella diversa da quella di residenza, le spese logistiche e di alloggio a carico delle famiglie, vanno ad impattare sulla condizione economica, provocando difficoltà ulteriori.
Indubbiamente, negli ultimi anni, con la promulgazione di diverse leggi, sono stati fatti dei passi avanti verso l’inclusione sociale ed economica delle famiglie con disabilità ma, grazie all’impegno di tutti, dobbiamo fare di più. La povertà è un fenomeno multidimensionale che ha bisogno di risposte articolate. È importante agire sempre di più nella direzione di una maggiore sinergia tra le politiche di assistenza alle persone non autosufficienti e l’attenzione alla condizione di povertà economica. In questa opera di sensibilizzazione e sostegno a cui, nessuno di noi, si può sottrarre, le associazioni di volontariato devono essere valorizzate per far si che le persone in difficoltà economica e sociale, nessuna esclusa, vengano sempre messe al centro delle decisioni per il futuro del nostro paese.