Fin dal dibattito sul primo progetto di Recovery Plan, Coldiretti ha ritenuto strategico improntare il piano ad una svolta green per l’Italia, con il settore agro-alimentare leva ideale per rilanciare l’economia e l’occupazione del Paese. Non sembri fuori luogo parlare di green e di agricoltura italiana, perché sono i numeri che ci dicono che quella italiana è l’agricoltura più green. Le vendite di antiparassitari sono crollate di 1/3 (-32%, dati Eurostat) negli ultimi 10 anni nell’agricoltura italiana che si classifica come la più virtuosa in Europa. Un trend in controtendenza rispetto agli altri grandi Paesi produttori come la Spagna e la Germania dove il consumo di antiparassitari cresce, mentre in Francia la riduzione è di poco superiore al 10%.
Il risultato è che i cibi e le bevande stranieri sono sei volte più pericolosi di quelli Made in Italy con il numero di prodotti agroalimentari extracomunitari con residui chimici irregolari che è stato pari al 5,6% rispetto alla media Ue dell’1,3% e ad appena lo 0,9% dell’Italia. Sono i dati dell’ Efsa, l’agenzia europea per la sicurezza alimentare, che ha analizzato capillarmente 96.302 campioni di alimenti in vendita nell’Unione Europea fornendo uno spaccato della presenza di residui di antiparassitari su frutta, verdura, cereali, latte e vino prodotti all’interno dei Paesi dell’Unione o provenienti dall’estero. I dati Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) evidenziano invece la consistente riduzione del 9,8% delle emissioni di gas serra a livello nazionale nell’anno della pandemia rispetto al 2019. Il crollo delle emissioni dei gas serra nel 2020 conferma che i veri responsabili dell’inquinamento sono le attività industriali e il traffico che infatti sono stati bloccati dalle misure restrittive legate all’emergenza sanitaria da Covid mentre gli allevamenti italiani hanno continuato a lavorare a pieno regime. Mentre stalle e aziende agricole hanno continuato a lavorare per garantire i rifornimenti alimentari alle famiglie italiane, le restrizioni anti contagio hanno semi paralizzato fabbriche e spostamenti di camion e auto determinando un crollo dei livelli di biossido di azoto, un marcatore dell’inquinamento, come mostrato chiaramente dalle immagini del satellite Sentinel 5 del programma europeo Copernicus, gestito da Commissione Europea e Agenzia Spaziale Europea (Esa).
Gli ultimi dati Ispra sull’andamento dell’inquinamento nell’anno del Covid confermano il ruolo principale di industrie e trasporti. Le stalle al contrario sono alla base della nuova economia green con la produzione di letame e liquami indispensabili per fertilizzare i terreni in modo naturale e garantire all’Italia la leadership europea nel biologico e la produzione di energie rinnovabili come il biogas. La carne e il latte italiani nascono da un sistema di allevamento che per sicurezza e qualità non ha eguali al mondo, con forme di alimentazione controllata, disciplinari di allevamento restrittivi, sistemi di rintracciabilità elettronica e forme di vendita diretta della carne attraverso le fattorie e i mercati di Campagna Amica. Solo il 7% delle emissioni di gas serra in Italia arrivano dall’agricoltura sulla base dei dati Ispra dai quali si evidenzia che industria con il 44,7% e i trasporti con il 24,5% sono di gran lunga i maggiori responsabili.
Tornando al PNRR recentemente presentato, questo riconosce al comparto il valore di risorsa strategica, stanziando 5,27 miliardi per economia circolare e agricoltura sostenibile, per investimenti che vanno dalla logistica alle energie rinnovabili, dall’innovazione ai contratti di filiera. Il piano assegna 1,9 miliardi per lo sviluppo del biometano nel quale l’agricoltura italiana è all’avanguardia. Sfruttando gli scarti agricoli delle coltivazioni e degli allevamenti, i mini impianti per il biometano possono contribuire al raggiungimento dell’obiettivo europeo del contenimento delle emissioni con una evoluzione tecnologica che rappresenta una parte significativa degli sforzi per modernizzare in senso sostenibile l’economia italiana.
Nel Recovery Plan vengono previsti 4,38 miliardi di euro per acqua e tutela del territorio e la gestione del patrimonio idrico del Paese fra infrastrutture, riduzione delle perdite di rete e investimenti sull’agrosistema irriguo. In questo senso è assolutamente coerente il Piano invasi proposto da Coldiretti per risparmiare acqua, produrre energia e contrastare il dissesto idrogeologico di fronte ai cambiamenti climatici che hanno provocato danni per 14 miliardi di euro alle produzioni e alle infrastrutture agricole in un decennio, oltre alla devastazione del territorio e purtroppo numerose vittime.
Uno scenario green per l’Italia che assegna al florovivaismo un ruolo da protagonista con 630 milioni di euro per il verde urbano, parchi e giardini storici, 600 milioni per la riqualificazione degli edifici e del paesaggio rurale nei piccoli borghi. Risulta strategico per la ripartenza del Paese anche l’investimento di 6,31 miliardi per le reti ultraveloci per colmare i ritardi nell’espansione della banda larga nelle zone interne e montane con quasi 1 famiglia su 3 (32%) che vive in campagna non dispone di una connessione a banda larga. L’azzeramento del digital divide italiano è strategico per l’innovazione e la svolta tecnologica dell’agricoltura 4.0 che ha generato in Italia un fatturato intorno ai 540 milioni di euro nel 2020, con una crescita di circa il 20% rispetto all’anno precedente, come anche per consentire la DAD (didattica a distanza) in caso di necessità.
Con il Recovery Plan c’è anche da recuperare il grande gap infrastrutturale che ogni anno rappresenta per l’Italia un danno in termini di minor opportunità di export al quale si aggiunge il maggior costo della “bolletta logistica” legata ai trasporti e alla movimentazione delle merci fra le regioni della penisola e verso il resto del mondo, con la maggior parte delle merci che viaggiano ancora su gomma.