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Non servono nuove pillole abortive ma incentivi alle famiglie

Venticinque Novembre muore Diego Armando Maradona, a poco più di un mese di distanza viene approvata dal Senato argentino la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) con 38 voti a favore e 29 contrari.

Due eventi apparentemente distinti ma che hanno in comune da un lato “la Morte”, dall’altro il diverso atteggiamento” avuto nel vivere questi due avvenimenti. Se per Maradona infatti vi è stato lutto nazionale, tristezza e rispetto per celebrare la scomparsa di un grande calciatore al contrario, per la legge sull’IVG, ci sono stati festeggiamenti con manifestazioni di gioia nelle piazze, fumogeni, bandiere, quasi che che la morte possa avere valore diverso a seconda che colpisca un grande atleta o chi non ha voce per difendersi.

Le domande e le riflessioni sull’annoso problema dell’Ivg sono ancor oggi molteplici anche nel nostro Paese e non possono prescindere da ciò che è la vita: se cioè sia un valore comune a tutti o rappresenti solo un valore dei cattolici. Siamo fortemente convinti che la vita rappresenti il primo valore di una società che voglia definirsi civile e che tale valore sia comune ad ogni razza, confessione religiosa o visione ateista della storia dell’uomo.

L’aborto è normato da una legge dello stato del 1978 la 194, validata poi da un referendum popolare. Una legge va sempre rispettata, ma non perché legge dello Stato deve sempre essere considerata come giusta. Se valesse questo principio dovremmo allo stesso modo accettare come giusta, perché dello Stato, qualsiasi legge e così, paradossalmente, anche quelle dei trascorsi periodi storici, che abbiamo sempre giustamente condannato. Questo non significa pertanto che debba essere per forza condivisa e che magari non possa anche essere cambiata.

La 194 infatti , dopo più di 40 anni, rappresenta una legge obsoleta peraltro mai applicata nella sua completezza, frutto di un referendum che considerava allora un “grumo di sangue” il prodotto del concepimento ma che oggi, al contrario, con la moderna diagnostica e ricerca scientifica sappiamo essere vita e del quale già alla sesta settimana di gravidanza avvertiamo il battito cardiaco.

E’ indubbio ed inevitabile pertanto che certamente andrà rivista; anche dal punto di vista giuridico infatti, la Corte Costituzionale con la Sentenza n. 84/2016 ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Firenze sul divieto assoluto di ricerca clinica o sperimentale sull’embrione che non risulti finalizzata alla tutela dello stesso e su quello di revocare il consenso alla procreazione medicalmente assistita dopo l’avvenuta fecondazione dell’ovulo.

Da molti però a sostegno della 194 viene sostenuto, come risulta dalla relazione al Parlamento del Ministro della salute, che nel 2018 sono state notificate 76.328 interruzioni volontarie di gravidanza (IVG) con un numero dimezzato rispetto ai 234.801 casi del 1983. Numeri che farebbero ben sperare se non fosse che in realtà il consumo delle cosiddette pillole del giorno o dei 5 giorni dopo nascondono una verità purtroppo ben diversa. Secondo i dati forniti da Federfarma infatti, il numero di pillole vendute è passato da 400mila confezioni nel 2015, a 490mila nel 2016 e fino a 570mila lo scorso anno; in due anni quindi l’incremento sarebbe stato addirittura del 42% in più e ciò in regime di prescrizione obbligatoria per le minorenni. C’è da supporre che tali cifre, ora che è stata ammessa da parte dell’AIFA la libera vendita senza prescrizione anche alle minori, aumenteranno in maniera esponenziale.

La problematica fondamentale relativa all’assunzione di questi farmaci, riguarda il fatto che in circa il 15% dei casi possono non avere azione di contraccezione e quindi potrebbero interrompere un eventuale gravidanza intercettando l’ovulo già fecondato (norlevo) o anche modificando la struttura dell’endometrio (EllaOne), da qui la logica spiegazione della diminuzione del numero di aborti registrati rilevati.

Diversa la questione relativa all’assunzione della RU-486, Il periodo di tempo impiegato per abortire farmacologicamente è di circa 2 giorni: dopo l’assunzione di una prima pillola a base di mifepristone che causa la morte del concepito, si assume dopo 48 ore un’altra pillola a base di misoprostolo che provoca le contrazioni espulsive, tale processo non è indolore e può comportare, come riportato in letteratura, rischi anche importanti per la salute della donna.

Le maggiori complicanze attinenti all’assunzione di tale pillola infatti sono relative al sanguinamento con necessità di emostasi chirurgica, l’anemia con necessità di trasfusione (2:1000 casi), l’infezione (ad es. Clostridium Sordelli), oltre ad effetti collaterali minori come vomito, nausea, crampi dolorosi addominali, aumento della temperatura, cefalea, diarrea transitoria. Definire pertanto “legge di civiltà” far sì che una mamma sia lasciata da sola a vivere il dramma dell’aborto tra dolori da espulsione, emorragie che in ogni caso provocano apprensione ancor più se tra le mura domestiche, oltre a severe sindromi ansioso-depressive post aborto domiciliare, costituiscono oltre che una “banalizzazione dell’aborto fai da te” anche un attentato alla vita e alla salute della donna.

Ciò che certamente è frutto di verità inconfutabili è che, in questo momento di crescente denatalità del nostro Paese, le nascite nel 2018 sono state appena 449 mila, ovvero circa 9 mila in meno dell’anno precedente. Un dato che certamente colpisce, ancor più se lo si paragona al 2008, la differenza rispetto a quell’anno infatti è di ben 128 mila culle in meno. Oggi quindi la priorità non è quella di avere nuove pillole o strumenti per facilitare sempre più aborti quanto, al contrario, di politiche che incentivino la formazione di famiglie con mamma, papà e nuovi nati.

Ecco perché è necessario educare, soprattutto le nuove generazioni, ad assaporare il gusto alla vita che comporta il rispetto di se, del proprio corpo, della procreazione responsabile, che non può e non deve intendere l’aborto come metodo anticoncezionale, ma deve abituarsi ad amare il prossimo e quindi l’altro come se fosse parte di se stesso.

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