Il Presidente della Repubblica è una figura super partes, che rappresenta l’”unità nazionale” estraniandosi dal circuito politico–governativo. La Repubblica nasce con l’ambizione di riconoscere e di perseguire valori di vita e di integrazione all’interno del Paese. La Costituzione del 1948 afferma la netta discontinuità con il precedente ordinamento, dando luogo alla convivenza repubblicana, di cui ne è il garante più elevato. Egli, quindi è libero da responsabilità politiche, decide in via generale, e non è guidato da ragioni di opportunità, ma da ragioni repubblicane. In considerazione dell’equilibrio su cui si regge il sistema costituzionale, la controfirma del Ministro competente assume il significato di attestato dell’esercizio del Presidente della Repubblica di un potere che gli spetta costituzionalmente. Gli atti di cui all’art. 89, co. 1, Cost., sono quelli di natura e origine non presidenziale, e la contro-firma ministeriale assume un significato radicalmente diverso, a seconda del tipo di atto presidenziale cui viene apposta. Come per la nomina dei Giudici costituzionali e dei Senatori a vita, l’invio di messaggi alla Camere e il rinvio di una legge, la contro-firma ministeriale si presenta come un atto dovuto, che attesta la provenienza presidenziale dell’atto e la sua mera regolarità formale. Di queste attribuzioni è agevole constatare la somiglianza ontologica, rispetto all’esigenza del mantenimento di un bilanciamento fra poteri.
Quella del Presidente della Repubblica non è irresponsabilità assoluta: all’art. 90, per il mantenimento della solidità repubblicana, la Costituzione, in extrema ratio¸ prevede l’alto tradimento e l’attentato alla Costituzione. I poteri presidenziali, per loro applicazione significativa a favore della collettività, hanno risvolti che la Repubblica lascia nelle mani del suo Presidente, responsabile ex art. 90 Cost. Tale scelta comporta, inevitabilmente, di lasciar ricadere sulle spalle del Presidente della Repubblica gli eventuali riflessi dell’esercizio di un potere neutro e super partes, allo scopo di non snaturare le finalità repubblicane. Questa impostazione ha lo scopo di evitare l’emergere di vicende pubbliche, in cui argomenti giuridici debbano coprire esigenze politiche, negando ogni spazio all’interesse generale. Chiunque può rivolgersi al Capo dello Stato, custode delle sensibilità e delle finalità istituzionali, sottraendo così tali valutazioni alle dinamiche della lotta politica.
Il principio dell’imparzialità presuppone l’autonomia dell’Amministrazione rispetto al potere politico; è un principio di garanzia del ruolo neutrale dell’azione amministrativa. È pacifico individuare nel principio dell’imparzialità il nucleo difensivo di tutta l’azione pubblica nei confronti della politica. Ciò significa che il Presidente della Repubblica ha il dovere di esercitare i propri compiti in maniera oggettivamente neutra rispetto alla politica, allo scopo di rendere il suo agire trasparente in tutti i suoi aspetti. Imparzialità, quindi, come valutazione globale e ponderata di tutti gli interessi coinvolti, non solo pubblici ma anche privati, in modo tale che la decisione finale sia il frutto di un’adeguata conoscenza di tutti gli elementi della fattispecie. L’esercizio in base al principio d’imparzialità dei poteri presidenziali, come elemento caratterizzante la Repubblica, comporta il dovere del Capo dello Stato di non privilegiare nessuno, prescindendo da scelte meramente politiche e da interessi di parte, identificando e valutando tutti gli interessi coinvolti, sicché la decisione risulti il frutto di una rappresentazione e ponderazione di tali interessi. In base al principio di trasparenza, corollario dell’imparzialità, cui l’intera azione pubblica deve conformarsi, si deve ritenere che gli atti presidenziali debbano avere una loro motivazione, sintesi dell’interesse generale, allo scopo di consentirne maggiormente il controllo sociale. L’esercizio in modo imparziale dei poteri repubblicani è un elemento caratterizzante la Repubblica. L’identità presidenziale repubblicana, soggetto istituzionale unificante, il più alto dell’ordinamento costituzionale, che impersona le virtù e i valori del Paese, rispecchia il suo agire imparziale, rappresenta l’unità nazionale e, soprattutto, è il più elevato garante della Costituzione, simbolo di pace e democrazia, valori che, oggi come non mai, in un mondo fortemente segnato da conflitti e violenze, sono supremi e irrinunciabili.