La giornata internazionale della donna ha costituito una occasione per riflettere sulle misure dell’equità di genere adottate nell’ordinamento italiano e sulla loro reale traduzione in possibilità per le donne di conquistare nuovi spazi nel lavoro, nella famiglia e nella politica.
Proprio adesso che la pandemia ha avuto ripercussioni devastanti soprattutto sull’occupazione femminile. Secondo gli studi Istat, 440 mila lavoratrici hanno perso il lavoro durante l’emergenza sanitaria e un milione e 300 posti di occupazione femminile sono a rischio a causa della crisi economica.
Il lavoro di cura e l’accudimento dei figli piccoli nella didattica a distanza, che gravano in maggior misura sulle mamme, pongono in maniera urgente il tema di interventi legislativi per conciliare i tempi della famiglia con quelli della carriera.
La pari dignità sociale trova spazio nella Costituzione italiana accanto al principio di eguaglianza e sta a significare che ad ogni persona deve essere assicurata la parità dei diritti. Senza la quale l’eguaglianza non troverebbe realizzazione. L’unico titolo di dignità, in una Repubblica fondata sul lavoro, consiste nello svolgere un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
Nel lungo elenco antidiscriminatorio contenuto nell’art. 3, co 1°, il divieto di discriminazioni basato sul sesso è richiamato per primo. Tanto il Costituente aveva avvertito l’esigenza di garantire le uguali possibilità alle donne che da pochissimo avevano conquistato la piena cittadinanza politica. Per la prima volta dall’Unità d’Italia le donne il 2 giugno del 1946 votarono per eleggere l’Assemblea costituente.
Il principio di discriminazione in base al sesso è stato ribadito nell’art. 51 a proposito dell’accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive. Per consentire tali condizioni di eguaglianza, la Repubblica è chiamata a promuovere con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini. Detto in altro modo, trasformare l’eguaglianza astrattamente sancita, in un principio concretamente realizzato nella prassi politica e professionale.
L’eguaglianza davanti alla legge non significa la pretesa di una legge identica per tutti. La “vera” eguaglianza presuppone che casi simili siano trattati in modo simile e situazioni diverse in modo diverso. Le quote di genere in politica e nei posti apicali delle società pubbliche costituiscono un esempio di applicazione per rendere effettive le eguali opportunità. Al fine di garantire un compiuto modello di democrazia, la Costituzione ha previsto per le Regioni ordinarie il compito di adottare misure volte alla promozione delle pari opportunità in ambito politico. Dal loro canto, le Regioni a statuto speciale puntano, attraverso legge regionale, a promuovere “condizioni di parità per l’accesso alle consultazioni elettorali”.
Il legislatore nazionale è intervenuto per garantire uniformità per le azioni positive. Con legge del 2016 ha individuato le opzioni normative con riferimento alle diverse scelte operate dalle Regioni: equilibrio tra i generi nelle candidature delle medesime liste e doppia preferenza di genere, alternanza di genere nelle candidature delle liste bloccate ed equilibrio di genere nelle candidature presentate con il medesimo simbolo nei collegi uninominali.
Così, il mancato recepimento nella legislazione regionale in materia di elezione del Presidente e dei Consigli regionali, di nomina degli assessori regionali costituisce il presupposto per le misure sostitutive. Si tratta infatti della violazione del principio unitario stabilito nell’art.120 della Costituzione. Con il d. l. n.86 del 2020 il Governo è intervenuto in sostituzione del potere legislativo della Regione Puglia, dopo che quest’ultima ha disatteso la formale diffida del governo nazionale di adeguare la propria legislazione in materia elettorale al principio di parità di genere.
L’eguaglianza di genere concorre a realizzare l’unità nel Paese e a garantire i livelli essenziali nelle prestazioni concernenti i diritti fondamentali su tutto il territorio nazionale. Così assecondando le fonti sovranazionali di promozione delle pari opportunità.
La Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne adottata dall’Assemblea generale dell’Onu nel 1978 prevede che gli Stati adottino misure temporanee speciali, tendenti ad accelerare il processo di instaurazione di fatto dell’eguaglianza tra uomini e donne. De resto, non appena gli obiettivi di uguaglianza nelle opportunità saranno raggiunti anche le azioni positive potranno naturalmente essere superate.