I passi da compiere per rendere la società più inclusiva sono molti ma, il primo, dovrebbe aspettare agli amministratori pubblici e alle istituzioni nel loro complesso. Oggi, purtroppo, spesso passa il messaggio del fatto che la disabilità riguarda poche persone e ci si ricorda di questo tema in qualche giornata e ricorrenza particolare, oppure in eventi tragici di cronaca. Le giornate internazionali sui temi della disabilità e della fragilità vanno bene ma da sole non bastano. Serve un cambio di paradigma per mutare la cultura dell’inclusione. Nella scuola, ad esempio, sarebbe un bel gesto nominare gli insegnanti di sostegno prima di quelli di ruolo, dando un segnale del fatto che tutti, indipendentemente dalla disabilità, sono sullo stesso piano, purtroppo però oggi questo non accade. I segnali che la politica e gli amministratori della cosa pubblica in generale possono dare sono molti e sarebbero estremamente importanti. I temi della fragilità possono lambire ognuno di noi e le nostre famiglie. La disabilità non deve essere intesa solamente come di chi deambula in sedia a rotelle o chi ha una difficoltà cognitiva. Il diventare anziano, ad esempio, comporta delle difficoltà in più sotto diversi profili. Questo mutamento culturale aiuterebbe molto la società intera a cambiare la percezione di questi temi.
Il compito delle associazioni di rappresentanza delle persone con disabilità, su questo versante, è molto importante. I grandi gruppi associativi, nati molti anni fa che hanno fatto il modo di far uscire dalle loro case le persone con disabilità, oggi devono cambiare passo per intercettare al meglio i bisogni e tenere il contatto con i territori. Bisogna fare quadrato tenendo conto non solo della condizione, ma delle persone e dei loro bisogni a 360 gradi. Questo è il passo fondamentale da compiere per far sì che, le famiglie, non si sentano sole o isolate.