Proprio in questo mese di maggio, il giorno 25 del lontano 1887, si ricorda la nascita di Francesco Forgione, meglio conosciuto come P. Pio da Pietrelcina. A questo frate cappuccino, la cui popolarità non conosce confini, beatificato il 2 maggio del 1999 e proclamato santo sempre da Giovanni Paolo II il 16 giugno del 2002, sono legati tanti episodi particolari, che hanno l’hanno visto protagonista sia da vivo, che dopo la sua morte.
Ricordiamo la figura di questo umile e straordinario personaggio non solo del secolo scorso, essendo morto il 23 settembre del 1968, ma un santo presente nel cuore della gente. La sua inarrestabile fama di santità, anche da vivo, i suoi prodigi, le virtù cristiane da lui praticate ogni giorno in grado eroico, i doni e i carismi di cui Dio ha ricolmato la sua vita, la sua profonda spiritualità tutta francescana, alimentata e sorretta dall’incessante preghiera, la sua sofferta umanità, il suo ministero nel confessionale, curando le anime, hanno reso P. Pio, come disse e affermò il 20 settembre del 1971 Paolo VI: “Un rappresentante stampato delle stigmate di Nostro Signore”.
Ad oltre cinquant’anni dal termine della sua vita terrena, P. Pio è vivo nella mente e nel cuore di milioni di persone, forse più di quanto era in vita; un fenomeno umanamente inspiegabile. Ciò è dimostrato ogni giorno, dai continui pellegrinaggi di fedeli che si recano al santuario di San Giovanni Rotondo sul Gargano, in quel convento dove il frate visse dal 1918 al 1968, per andare a pregare e a chiedere una grazia davanti la sua tomba.
Non possiamo dimenticare come a lui si deve la nascita nel 1952 dei “Gruppi di Preghiera”, sorti spontaneamente in ogni parte del mondo e la creazione della “Casa Sollievo della Sofferenza” inaugurata nel 1956 dal cardinale Giacomo Lercaro (1891-1976) di Bologna. Ma tra i tanti episodi e fatti che hanno visto come protagonista il frate cappuccino, ce n’è uno poco conosciuto e poco pubblicizzato, come diremmo ai giorni nostri.
Durante la Prima Guerra Mondiale (1915-1918), il generale Luigi Cadorna (1850-1928) Capo di Stato Maggiore dell’esercito, dopo la grave sconfitta di Caporetto del 1917, nella quale diecimila soldati persero la vita in battaglia, il generale, ritenuto responsabile di quanto avvenuto a Caporetto, un comune della Slovenia, viene destituito dal suo incarico, al suo posto viene nominato il generale Armando Diaz (1861-1928) e la sera dell’8 novembre del 1917, avviene come di consuetudine lo scambio di consegne tra i due generali. Luigi Cadorna, successivamente si ritira nel suo studio dando ordine di non essere disturbato, per nessun motivo, stava pensando seriamente di suicidarsi, ormai era tutto pronto: la pistola era carica, il generale l’afferra, l’avvicina alla tempia, la mano è sul grilletto, quando all’improvviso il militare vede entrare nel suo studio un frate che gli va incontro, lo abbraccia, lo consola, lo convince a desistere da quel gesto insano e se ne va. Dei soldati di guardia nessuno aveva visto passare quel frate…
Qualche anno più tardi, nel 1920, Luigi Cadorna sul giornale riconosce la foto di P. Pio ed esclama: “Ma questo è il frate che mi ha salvato la vita!”. Ma, come poteva essere vero se P. Pio in quei giorni, si trovava in una caserma di Napoli, come soldato?
Qualche tempo dopo il generale Cadorna, volle recarsi in pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo per conoscere di persona il frate cappuccino. Quando tra la folla P. Pio, gli passò davanti, si voltò nella sua direzione, gli sorrise e gli sussurrò: “Generale, l’abbiamo passata brutta quella notte!”. Concludiamo con un pensiero dello scrittore e giornalista inglese Gilbert Keith Chesterton (1874-1936): “Chi crede ai miracoli, lo fa perché ha delle prove a loro favore. Chi li nega lo fa perché ha una teoria contraria ad essi”.