La società attuale, paradossalmente, per essere più inclusiva, dovrebbe eliminare il termine “inclusione” dal nostro lessico. Un mio caro amico con disabilità che, dopo tanti anni di lotta contro una malattia, recentemente se n’è andato, diceva sempre che “inclusione è una parola magica, quando esiste svanisce”. Ad oggi, quando si mette quella parola in qualsiasi frase, si pensa di aver già fatto qualcosa di importante. Occorre però renderla concreta e, per fare questo, occorre mettere in campo azioni tangibili. Il rendere la società aperta a tutti presuppone la costruzione di servizi accessibili.
Ognuno, indipendentemente dalla propria condizione e con i supporti nonché l’assistenza necessaria, deve poter frequentare la scuola. Si sta progressivamente provando a raggiungere questo obiettivo, ma devono essere ascoltate maggiormente sia le persone che vivono direttamente una condizione di fragilità che le loro famiglie, per far sì che, ogni cosa, nella loro quotidianità, sia resa più accessibile. Partendo da ciò e facendo sì che, le persone con disabilità, siano sempre più coinvolte nei processi decisionali e in tutto ciò che riguarda la loro vita. Questo, a mio parere, renderebbe tutto più celeri. Torno però a ripetere che, l’ascolto è fondamentale.
Auspico che, in futuro, si possa cambiare paradigma su questi temi. La società, ad oggi, non è per tutti. Per far sì che, tra dieci anni, questo sogno possa diventare realtà, bisogna introdurre tutti gli strumenti necessari, anche quelle che, allo stato attuale, ci sembrano più difficili, come ad esempio un mutamento del sistema scolastico o dei trasporti. Serve un pensiero nuovo rispetto a quello odierno, in cui si pensa ancora a servizi che, sulla carta, vanno bene per tutti. In realtà però non è così: sono soluzioni spot attuate quando qualcuno le chiede. Occorre invece pensare che, gli stessi, vengano introdotti pensando alle persone con fragilità o abilità diverse. Se faremo così magari, fra un decennio, avremo una società più a misura di tutti