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Le nuove tecnologie nel campo della comunicazione assistiva

Le tecnologie assistive stanno rivoluzionando il modo di comunicare delle persone con disturbi del linguaggio. Queste tecnologie, compresi i dispositivi di generazione del parlato (SGD) e le interfacce cervello-computer (BCI), consentono alle persone con disturbi del linguaggio di esprimersi in modo più efficace e di partecipare più attivamente alla vita quotidiana. Attualmente, la tecnologia assistiva popolare per le persone con disturbi del linguaggio è l’SGD. Gli SGD sono dispositivi elettronici che consentono agli utenti di comunicare digitando o selezionando frasi preprogrammate su un touch screen. Questi dispositivi possono anche essere personalizzati con frasi personali e possono anche essere programmati per parlare con la voce dell’utente. Tuttavia, gli SGD non sono sempre la soluzione ideale. Richiedendo l’input da una tastiera o da un touchscreen e possono essere utilizzati con lunghe attese prima di dover pronunciare una frase scritta. Inoltre, alcune persone hanno disabilità fisiche che impediscono loro di utilizzare queste interfacce.

Per affrontare questi problemi, i dispositivi BCI sono stati sempre più studiati e sviluppati dai ricercatori negli ultimi anni. Le BCI sono tecnologie relativamente nuove nel campo della comunicazione assistiva. Queste interfacce utilizzano i segnali del cervello per controllare dispositivi o software esterni, consentendo alle persone con disturbi del linguaggio di comunicare attraverso il solo pensiero. Ad esempio, un sistema BCI potrebbe essere utilizzato per visualizzare il discorso pensato dall’utente in un dispositivo video o per trasformarlo in un audio, da un sintetizzatore vocale, nel caso in cui la persona abbia gravi problemi nel parlare. Le BCI, però, sono state usate con molta parsimonia e con buone ragioni: i progetti attuali richiedono un intervento chirurgico al cervello delicato e altamente invasivo per impiantare un gran numero di elettrodi. Alcuni passi in avanti sono stati appena segnalati dai ricercatori dell’Università HSE e dell’Università Statale di Medicina e Odontoiatria di Mosca, che hanno sviluppato un nuovo metodo per creare un BCI di decodifica vocale che richiede molti meno elettrodi impiantati (e quindi un intervento meno invasivo) rispetto alle soluzioni esistenti. Tale innovazione potrebbe rendere il dispositivo più gradito alle persone con disabilità meno gravi, ampliando la portata di questa tecnologia assistiva.

Il sistema è stato testato su due pazienti, uno con un singolo impianto di stelo elettroencefalografico stereotassico (sEEG) con sei contatti e un altro con una striscia elettrocorticografica solitaria (ECoG) con otto contatti. L’impianto di elettrodi sEEG può essere eseguito tramite un singolo foro nel cranio: i ricercatori suggeriscono che in futuro questa procedura potrebbe essere eseguita solo in anestesia locale. Usando le informazioni elettriche catturate dagli elettrodi, il team ha addestrato una rete neurale (di tipo artificiale) per tradurre l’attività cerebrale durante un discorso pensato. Inizialmente, il modello è stato addestrato a riconoscere l’attività cerebrale associata a 26 parole. È stata inclusa una funzione aggiuntiva per rappresentare il silenzio, per evitare situazioni in cui il modello andasse a creare parole quando l’utente non vuole parlare.

I dati degli addestramenti, necessari per far apprendere la rete neurale, sono stati raccolti mentre i partecipanti ai test leggevano sei frasi diverse. Ogni frase è stata ripetuta da 30 a 60 volte per garantire che ci fossero diversità sufficienti di onde elettromagnetiche nei dati del campione. Dopo che il modello è stato addestrato, è stato riscontrato che aveva raggiunto un’accuratezza del 55% quando si utilizzavano gli elettrodi sEEG e un’accuratezza del 70% con gli elettrodi aggiuntivi contenuti nella striscia ECoG. Sebbene queste precisioni lascino ancora a desiderare e abbiano ancora ampi margini di studio e di sviluppo, conferma il fatto che, attualmente, come risultato sono paragonabili ai dispositivi esistenti che richiedono l’impianto di elettrodi sull’intera superficie corticale. È importante tenere presente che questa rete neurale è stata addestrata con una quantità relativamente piccola di dati da solo due individui. Forse la natura meno invasiva del sistema consentirà di acquisire dati da una popolazione molto più ampia, il che a sua volta dovrebbe portare a significativi aumenti di accuratezza. In ogni caso, qualsiasi innovazione che renda le BCI meno invasive ha il potenziale per rendere la tecnologia più diffusa e aiutare molte più persone.

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