Talvolta si sentono critiche all’istituto della nullità matrimoniale, quel procedimento – tanto popolarmente, quanto impropriamente chiamato “annullamento” – per cui il Tribunale della Santa Sede può stabilire che il vincolo matrimoniale, quel “sì” detto dagli sposi, appunto, sia nullo.
Questo vuol dire che è come non ci fosse mai stato – annullare invece vuol dire che il contratto c’è, ma non produce più effetti – in quanto si riscontrano mancanti alcuni presupposti essenziali per contrarre un matrimonio cristiano.
Una volta riconosciuta la nullità di quel matrimonio le Parti tornano allo stato “iniziale”, quindi possono sposarsi nuovamente in Chiesa con eventuali nuovi partner. Ciò avviene generalmente dopo che la stessa Chiesa abbia valutato che le condizioni iniziali per una nuova unione canonica sono diverse da quella fallita, e la persona che aveva chiesto la nullità, abbia compiuto un cammino di fede e/o psicologico che le consenta di rileggere la sua storia e comprendere le false motivazioni di un tempo. Il rischio di ripetere gli stessi errori, nella vita umana, infatti, è sempre elevato.
Le critiche attaccano il dato dell’indissolubilità del vincolo matrimoniale cristiano e quindi un percorso che appare forzato, una manovra puramente giuridica, o legata solo alla disponibilità economica. Ora qui ci sarebbe parecchio da dire rispetto a luoghi comuni che, come è tipico, si poggiano più sul “sentito dire” che sulla conoscenza effettiva delle cose.
Però vorrei portare l’attenzione dai tecnicismi della questione ad un’altra realtà. Perché di realtà si tratta, e non di teoria.
La vicenda di chi, ferito da una storia sentimentale e matrimoniale che fondava su motivazioni fragili e spesso di convenienza, vive una seconda vita, riceve il dono di una “seconda possibilità”. Proviamo a leggere, allora, in termini di dono di Dio questa rinascita.
Marco, per ragioni varie che lui stesso non si spiega fino in fondo – del resto chi di noi non ha vissuto situazioni che non riesce a spiegare a se stesso…“proprio io?” – ha attraversato anni di grande dolore, per la rottura di un’unione sulla quale aveva investito incautamente anni preziosi della propria esistenza. Riconosce quanto fosse orientato da una “mera attrazione o una vaga affettività”, o ancora da una semplice attrazione fisica, per dirla con le parole dell’Amoris Laetitia (n. 217), che credeva fosse sufficiente a fondare la relazione amorosa a lungo termine.
Riconosce, inoltre, che mancava un progetto comune di vita da portare avanti insieme, l’altro non è mai stato parte integrante della sua esistenza (cf. nn. 218 e 220). Dopo anni di solitudine Marco incontra Francesca, entrambi sono cauti nella frequentazione reciproca, non sono più trentenni, e con nessuna voglia, specie per lui, di soffrire ancora come in passato, un passato che non si cancella, ma che sta lì a richiamare “ciò che oggi non vorrei più ripetere”.
Iniziano a condividere interessi e parlano a lungo raccontandosi la propria storia. Col passare dei giorni scoprono un sentimento che diventa sempre più profondo. Non è solo sesso, non è solo attrazione superficiale, Marco scopre cosa vuol dire amare qualcuno, che è ben di più dell’esserne innamorato, prova l’urgenza di uscire dai propri schemi consueti e di capire sempre meglio Francesca. Ha perfino desiderio di sperimentare un’appartenenza autentica all’altro, non ai propri comodi, come era accaduto con Carla.
Sì, in passato aveva messo al primo posto la carriera, e la famiglia di origine aveva continuato a trattarlo come se non fosse mai uscito di casa. Ma adesso le cose sono diverse. La bellezza e la profondità della relazione con Francesca lo stanno facendo maturare nella convinzione che è con lei, che vuole fondare una nuova casa. I limiti personali certo non svaniscono, la crescita lavorativa, lo ammette, rimane un obiettivo importante, ma adesso non ha il sopravvento sulla sua giornata. Ha voglia di farsi vicino a Francesca, conoscere i suoi amici, entrare nei suoi interessi, aiutarla a crescere come donna e come professionista.
Marco capisce che la nuova relazione è un dono del Signore, della Vita così clemente con lui, come una seconda possibilità che gli viene offerta per amare ed essere amato, questa volta su basi davvero diverse: vorrebbe che le loro strade diventassero una strada sola, “accada e nonostante qualsiasi sfida” (AL, nn. 131 e 132).
La coppia inizia un percorso di conoscenza sempre più approfondita, ma anche di accompagnamento spirituale. Marco ha voluto anche un affiancamento psicologico per poter riprendere in mano le vicende che lo hanno condotto a volersi sposare, anche se con Carla le cose non funzionavano così bene, fin dal fidanzamento.
La nostra voglia di fare giustizia sugli altri forse ci porterebbe a obiettare: “ci poteva pensare prima!”, “adesso cosa vuole?”, ma sarebbe bello provare a lasciare le nostre categorie e lasciarci raggiungere dallo stupore di una rinascita. Di creature che fino a qualche mese prima erano convinte di dover “pagare” il resto della vita gli errori commessi. E poi il dono. Gratuito, immeritato e risanante. Volti e cuori che sembrano riaprirsi alla luce. Solitudini superate.
Potremmo essere noi bisognosi un giorno di quella grazia. Sappiamo gioire e accompagnare fratelli e sorelle che desiderano ripartire e che dicono a chi crede di essere senza speranza che, invece, la vita è grande. Più grande dei nostri occhi limitati.