Un mio caro amico, che è stato colpito da un dolore tremendo per cui non vi può essere consolazione se non nell’Eterno, mi ha inviato questa riflessione, tanto significativa che vorrei fosse letta dai tanti amici e dalle persone a me care. “Ti voglio bene. Quante volte avremmo voluto dirlo a chi vogliamo bene, ma non lo abbiamo fatto per una atavica timidezza/pudore che ci portiamo dentro dalla nostra infanzia, ereditata e che noi, purtroppo, così facendo abbiamo perpetuato nei nostri figli (salvo le fisiologiche eccezioni). Allora da questa riflessione emerge la ineludibile necessità di non perdere mai occasione di dirlo – accompagnandolo con delicate carezze e forti abbracci – perché lo scorrere della vita ci insegna che le sorprese che essa ci riserva sono tante, spesso inimmaginabili, e che poi non c’è più il tempo di recuperare: restano solo i rimpianti ed i sensi di colpa i quali, seppure ingiustificati, portano spesso ad interrogarci specie quando il ricordo corre verso chi non c’è più. Gridiamolo sempre e forte: ti voglio bene!”.
Stiamo passando un periodo storico terribile che verrà ricordato nei secoli a venire come il periodo del Covid, un virus che ha falcidiato centinaia di migliaia di persone nel mondo, uccidendo anche le coscienze di tanti. Come ogni guerra, un virus che ha reso più poveri i poveri e più ricchi i ricchi che hanno nascosto la loro crescente ricchezza con un egoismo spietato.
E allora questa esortazione del mio amico è quanto mai indicata. E necessaria, perché non ci salveremo da soli ma ci salveremo solo se riusciremo a trovare anche ad un rimedio per il virus delle coscienze che oggi sembrano addormentate. Vogliamoci bene e non abbiamo paura a dirlo abbracciando le persone che amiamo, sorridendo alle persone che incontriamo. Un giorno una anziana signora che ho incontrato per strada a Pesaro, quando ero Questore e a cui dissi, sorridendo “Buongiorno”, si fermò stupita e rispondendo al mio saluto mi disse: “Ma lei è stato un mio studente?”. No, non ero stato un suo studente, negli anni in cui si salutavano le persone anziane per strada e si cedeva il posto in autobus alle signore, ma lo sono stato di un prete dalla tonaca lisa che si chiamava don Oreste, che sorrideva sempre e che diceva: “Quando incontrate qualcuno quel qualcuno è un vostro fratello. Se è in difficoltà, se è un povero, aiutatelo, ma non fatelo mai senza una carezza”. Oggi, che questo virus ci ha tolto anche il dono di una carezza, non dobbiamo aver timore di dire all’altro, alle persone che ci sono vicine: “Ti voglio bene”. Perché se passeremo davanti ad un essere umano o animale che soffre e faremo finta di non vederlo un giorno potremmo non perdonarcelo.