La prima versione del Piano di Ripresa e Resilienza (PNRR) italiano è stata presentata dal governo Conte il 15 gennaio 2021, ed è stata poi rielaborata con importanti modifiche e aggiunte dal governo Draghi, che lo ha inviato alla Commissione europea il 30 aprile, ottenendone l’approvazione il 22 giugno, con il suggello definitivo da parte del Consiglio europeo il 13 luglio. Sulla base degli assi di intervento fissati dal NGEU, il piano italiano, che cuba 224 miliardi di euro di investimenti, identifica sei missioni:
- Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura (46,3 mld)
- Rivoluzione verde e transizione ecologica (69,8 mld)
- Infrastrutture per mobilità sostenibile (32 mld)
- Istruzione e ricerca (28,5 mld)
- Inclusione e coesione, con sostegno all’empowerment femminile e alle prospettive occupazionali dei giovani (27,6 mld)
- Salute (19,7 mld)
Ad aumentare ulteriormente i finanziamenti delle linee sopra indicate ci sono anche parte dei fondi del bilancio settennale della UE, per un ammontare di almeno 88 miliardi. Il PNRR destina 82 miliardi direttamente al Mezzogiorno, che godrà anche di ricadute da altri investimenti.
Il PNRR italiano, però, per riuscire a realizzarsi, ha dovuto prevedere alcune riforme strutturali importanti, necessarie per velocizzare i tempi di esecuzione dei progetti e di amministrazione della giustizia. Un ordinamento legislativo “barocco”, con lentezze burocratiche e processi al rallentatore, infatti, aveva fin qui paralizzato i pochi investimenti che si riuscivano a finanziare negli anni precedenti, ma non a portare a termine. A ciò è dovuto il crollo della produttività italiana nell’ultima ventina di anni, che ha impedito l’allargamento e l’ammodernamento del paese, facendogli perdere molto terreno nei confronti di paesi come la Germania e la Francia, a cui era allineato agli inizi di questo secolo. Inoltre, per riuscire a monitorare l’avanzamento dei lavori, la Pubblica Amministrazione deve dotarsi di un personale tecnico di alto profilo, con concorsi basati sulla professionalità e sul merito, anche questa una novità.
Quella che stiamo imboccando, dunque, è una vera e propria trasformazione del paese, paragonabile a quella sperimentata dall’Italia dopo la Seconda guerra mondiale, che vide un rinnovamento istituzionale del paese con una nuova Costituzione e una nuova politica e una grande ondata di investimenti largamente finanziati dal Piano Marshall americano, che venne offerto, come oggi, all’intera Europa e fu alla base del processo di integrazione europea. Allora la larga maggioranza della popolazione italiana fu molto disponibile a mettersi in gioco con voglia di lavorare e imprenditorialità. Auguriamoci che anche oggi voglia fare altrettanto, perché le condizioni per svoltare ci sono, ma diventeranno concrete solo con l’impegno e la collaborazione di ciascuno.