Ho avuto piacere di leggere su queste colonne l’intervista a Loris Serafini, direttore della Fondazione Papa Luciani e curatore del Museo dedicato al venerabile pontefice, in procinto di essere dichiarato beato dopo il riconoscimento da parte di Papa Francesco del miracolo della guarigione di una bambina argentina.
Mi viene subito da espungere dalla santa vita di questo sacerdote il clima di sospetti che ha avvelenato la sua morte improvvisa, per il solo fatto di essere sopraggiunta dopo appena 33 giorni di pontificato: che egli fosse ammalato era circostanza nota, se pure San Giovanni XXIII lo volle dichiarare vescovo, nonostante le opposizioni del Collegio preoccupato dalla sua salute gracile, con una frase risolutiva, nel suo stile diretto: “Vorrà dire che morirà Vescovo”. Le motivazioni fondate e documentate per scartare i dubbi ci sono! Molte sono ben note e attestate da anni. Ora il quadro è completo e definitivo grazie al lavoro della postulazione della causa di beatificazione e canonizzazione del venerabile Giovanni Paolo I. Il ‘giallo’ non c’è, non c’è mai stato e non ha ragione di essere”.
Papa Luciani è stato ben altro che la breve durata del suo pontificato: fu un alacre provicario della diocesi di Belluno, un eccellente vescovo di Vittorio Veneto e uno straordinario patriarca di Venezia se Papa Paolo VI gli pose la stola sulle spalle, dinanzi alla folla veneziana incredula di un gesto così esplicito.
Fu eletto Papa nel conclave seguito alla morte di Paolo VI con una maggioranza pressoché unanime (100 voti su 111) superando lo scontro tra il cardinale Siri ed il cardinale Benelli che rappresentavano l’ala conservatrice e quella progressista della Chiesa e fu subito innovazione: nel nome, per la prima volta doppio, nel numero I, che volle per sé nonostante non sia abitudine per il primo nome, nel titolo della messa di incoronazione che divenne messa di inizio del pontificato, nel tentativo di rivolgersi alla folla, impedito perché non aduso, nell’abolizione del plurale maiestatis, nel rifiuto della sedia papale, nel suo profondo obiettivo di alleggerire le formalità per avvicinare la Chiesa alla gente, agli umili (era questo il suo motto cardinalizio); per questi suoi modi e per la ferma determinazione che lo caratterizzava fu il promotore del nuovo corso che nel suo successore, amico ed estimatore cardinal Wojtyla, eletto papa Giovanni Paolo II per celebrare la sua continuazione, vide il pieno sviluppo traghettando la Chiesa verso il popolo, oggi consolidato dal ministero di Papa Francesco.
Ma Giovanni Paolo I fu anche innovatore con la sua frase storica pronunciata all’Angelus del 10 settembre 1978, che “Dio è papà ma più ancora madre”; intendeva ovviamente dire che l’amore di Dio è paragonabile all’amore di una madre, incommensurabile ed illimitato.
Eppure oggi assistiamo ai frutti nefasti di un decadimento del pensiero che ha accantonato l’altruismo a cui tende l’amore enfatizzando l’amore per se stessi, l’egoismo, conseguenza del travisamento della giusta rivendicazione dei propri diritti e trasformata in assenza di amore per gli altri: ed assistiamo a donne che attendono di aver soddisfatto tutti i propri desideri di carriera prima di affacciarsi al ruolo di madri, a madri incapaci di rinunciare a se stesse per l’amore dei figli, come siamo invece stati cresciuti, nel ricordo dell’abnegazione dei nostri genitori che ci hanno dato la vita, e non solo la nostra.
E notiamo che il ruolo suppletivo è sovente svolto dai nonni che in aggiunta a quello di raccontare ed accontentare i nipoti si trovano anche ad insegnare e ad educare, addirittura a crescerli, non solo ad accudirli. E questi nipoti, raggiunta l’età procreativa, impongono ai figli il nome dei nonni, invece di quello tradizionale dei genitori. E non è un caso. Auguriamoci, invece, una ripresa dei valori materni, del ruolo insostituibile ed ineludibile della mamma, in cui la donna può trovare la sua massima espressione, senza che ciò possa affatto limitare le sue aspirazioni anzi le potrà avvalorare ed enfatizzare giacché amare è il primo comandamento.