Rispetto alle auto, i monopattini elettrici sono mezzi di trasporto a basse emissioni di carbonio, silenziosi ed economici e possono avere un impatto positivo sulla mobilità urbana e sull’ambiente. Tuttavia, nonostante il loro potenziale promettente, la maggior parte della popolazione urbana li percepisce come giocattoli o come un pericolo per la sicurezza pubblica. Proprio per questo, la quantità degli investimenti di rischio nel settore è, di conseguenza, esiguo: dal 2010, la micromobilità condivisa ha ricevuto solo 9 miliardi di dollari di investimenti a livello globale. Una cifra esigua se confrontata con i 72,3 miliardi di dollari raccolti dalle startup statunitensi solo nel terzo trimestre di quest’anno.
Ma se ci si vuole muovere verso un ambiente urbano veramente sostenibile in cui le persone in massa scelgano il trasporto di micromobilità a basse emissioni di carbonio rispetto alle auto, si devono trovare modi per rendere redditizia questa attività.
Inizialmente, gli operatori di monopattini elettrici facevano a gara per attirare l’attenzione degli amanti delle due ruote mettendo sul mercato il maggior numero possibile di monopattini elettrici… e la presenza fisica voleva dire successo. Quando le città hanno iniziato ad adottare regolamenti e a concedere licenze, l’attenzione degli operatori si è spostata sull’ottenimento delle approvazioni dai funzionari comunali. Questo poiché le licenze garantivano il loro accesso ai consumatori finali e davano la fiducia che consentiva una pianificazione di vendite e di attività a lungo termine.
Le licenze hanno anche facilitato il compito degli investitori e le startup che hanno ottenuto le licenze hanno visto un aumento dei finanziamenti. Ad esempio, nel 2021, aziende come Tier, Voi e Dott hanno raccolto un totale di 490 milioni di dollari. Questo invia un messaggio chiaro agli altri operatori di monopattini elettrici che puntano a competere sul mercato: se si vogliono raccogliere investimenti e crescere, bisogna prima rivendicare un “posto” nelle città. Attualmente, questo vale principalmente per l’Europa, che dispone di un’infrastruttura migliore e funge da sito di prova per il trasporto di micromobilità e modelli di business.
Tuttavia, quando la micromobilità in generale si dimostrerà efficiente per le comunità urbane, queste pratiche si estenderanno probabilmente ad altre regioni come gli Stati Uniti, dove le principali città stanno già costruendo più piste ciclabili. Considerando, poi, che entro il 2030 la micromobilità globale dovrebbe diventare un settore da 300 a 500 miliardi di dollari, sembra volerne la pena.
La semplice vincita di una gara, tuttavia, non è sufficiente perché gli operatori autorizzati riescano a passare alla fase successiva della “competizione”. Devono soddisfare le aspettative sia dei consumatori finali che degli investitori, ovvero raggiungere la redditività offrendo allo stesso tempo un prodotto e un’esperienza di prodotto impeccabili.
Finora, il business della condivisione di pattini elettrici non si è dimostrato redditizio e i modelli di business esistenti hanno, sicuramente, ampi margini di miglioramento. I problemi più evidenti sono le autorizzazioni, le licenze e tutte le operazioni di messa in opera e manutenzione, che rappresentano circa il 60% dei costi, quindi anche una leggera ottimizzazione di questi costi sarebbe vantaggiosa. Quindi cosa si può fare?
Gli operatori di micromobilità ritirano manualmente i veicoli alla fine della giornata per portarli ai magazzini di ricarica o sostituiscono manualmente le batterie scariche con quelle nuove. Entrambi comportano lavoro manuale e alcune aziende hanno iniziato a offrire soluzioni che mirano a ridurre questi costi. Inoltre, quando la domanda di micromobilità aumenterà, le stazioni di ricarica dovranno essere in grado di ospitare un gran numero di veicoli contemporaneamente. Si creerà una domanda di infrastrutture universali, per poter caricare veicoli di ogni tipo e marca. Aziende come Kuhmute e PBSC Urban Solutions hanno parzialmente affrontato questo problema e sviluppato caricabatterie universali compatibili con vari tipi e marche di veicoli per la mobilità elettrica, nonostante molte di queste soluzioni siano basate su contatti elettrici e quindi possano ospitare solo un numero limitato di veicoli alla volta.
In tal caso, un passo successivo naturale sarà quello di costruire luoghi in grado di caricare batterie di ogni sorte, con una capacità di parcheggio sostanzialmente maggiore. Le città entreranno in gioco come attori chiave, dovendo convertire un sacco di terreno adatto allo sviluppo residenziale in spazi ove parcheggiare i veicoli e ricaricare i monopattini elettrici. Alcune aziende del settore hanno iniziato ad affrontare questo problema: tali prodotti esistono già nel mondo delle auto elettriche.
Ad esempio, la società WiTricity, con sede negli Stati Uniti, ha sviluppato un pad di ricarica a terra, che carica le auto in modalità wireless e via etere, una volta che i veicoli sono parcheggiati su di esso. Il caricabatterie non ha alcun hardware di superficie e l’assenza di parti distruttibili funge anche da protezione contro gli atti vandalici. Se applicata nel segmento dei monopattini elettrici, questa tecnologia potrà minimizzare i costi, risparmiando sulle batterie extra e sul lavoro manuale necessario per sostituirle o collegarle. Tale standardizzazione sarà vantaggiosa sia per i consumatori finali che per le stesse aziende di micromobilità.