Fuggire dall’Afghanistan per molti è stata la scelta necessaria e sofferta. Abbiamo assistito al pianto di chi ha lasciato il proprio amato Paese per non diventare uno schiavo. Le donne e gli uomini in fuga verso terre ospitali inquietano la nostra coscienza perché dimostrano che la barbarie ancora detta le sue leggi. Tutto il mondo ha terrore di tale nuova barbarie. Essa ci parla di un regresso storico che è difficile arrestare.
Molti affermano che siano le donne a pagare il prezzo maggiore per l’arrivo dei talebani in Afghanistan. Noi riteniamo, invece, che sia tutta la popolazione in quanto essa viene sottomessa senza pietà alcuna.
E’ vero, certamente, che dove vi è sottomissione le donne, per prime, diventano schiave di pregiudizi, nonché violenza morale e fisica. Ma è anche vero che la cultura umana e la civiltà vengono violentate ed annientate e che a farne le spese è l’intera popolazione.
L’Afghanistan lentamente stava procedendo verso forme sempre più evidenti di democrazia. Pian piano le donne, i bambini e gli uomini diventavano cittadini, ossia conquistavano lo status di cittadino che implica il godimento di ben definiti diritti.
Le donne avevano liberato dal velo il loro volto e partecipavano alle attività lavorative al pari degli uomini. I bambini avevano accesso all’istruzione.
Ciò si verificava in un clima divenuto più ospitale e democratico, in cui la religione conviveva con i cittadini, senza sottometterli avendo acquisito quella veste umana che ogni religione non può che far propria.
Cosa ne sarà adesso dell’Afghanistan? Non può essere tutto perduto. Difatti, se è vero che chi è rimasto non ha più voce, è vero che chi è fuggito può ancora parlare e rivolgere, seppur da lontano, ai conquistatori dei loro territori il proprio messaggio che veicola il proprio diritto alla libertà e alla civiltà.
Chi è fuggito può dire no alla violenza di chi non comprende il valore della democrazia che, nel rendere libero l’essere umano, fa progredire i popoli. Chi è fuggito può chiedere a conquistatori di non essere rudi e violenti, di far vivere i diritti dei cittadini, ossia delle donne, dei bambini e degli uomini, affinché essi possano contribuire allo sviluppo reale del proprio Afghanistan, che amano in quanto ad essi appartiene ed in cui anelano a ritornare e che in esso ritorneranno solo se non saranno trattati come schiavi, se ad essi verrà riconosciuta la propria dignità e la propria libertà, ossia se essi saranno considerati cittadine e cittadini, tali in quanto ad essi saranno riconosciuti i diritti fondamentali dell’essere umano.