Nove mesi prima del Natale del Signore, il 25 marzo, la Chiesa ricorda liturgicamente l’Annunciazione del Signore quale celebrazione del “misterioso incontro tra Dio e l’uomo nel grembo di una donna” (Messale Romano), come profetizzato da Isaia, “Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele, perché Dio è con noi” (7, 14.8, 10c), e testimoniato dall’evangelista Luca (1, 26-38).
La solennità che si celebra, però, non è solo e soprattutto preludio della redenzione, ma al contempo assume la connotazione di festa della vita che germoglia, infatti “la Vergine accolse nella fede la tua parola, e per l’azione misteriosa dello Spirito Santo concepì e portò in grembo con ineffabile amore il primogenito dell’umanità nuova” (Prefazio); è proprio questa connotazione che si vuol cogliere da ciò che la Chiesa celebra: l’esistenza che viene donata e che viene dagli uomini accolta.
Nel racconto lucano proclamato nell’Annunciazione si nota come vengano ad incontrarsi ed intrecciarsi armonicamente la libera iniziativa divina con la libera risposta dell’uomo: un Dio che vuole donare e donarsi, “Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù”, e una ragazza di Nazareth che ascolta e perciò accoglie il grande arcano della vita affinché si compia il capolavoro di Colui che tutto offre, “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”.
Ogni vita che nasce può essere vista nella prospettiva in cui Dio seguita la sua opera e l’umanità è invitata ad accettare quanto il Creatore continua ad operare con il concepimento di ogni nuova creatura, ed in virtù del fatto che la vita è un dono dell’azione creatrice di Dio non può che essere accolta con premura.
È innegabile, difatti, come nella Sacra Scrittura a più riprese la vita viene difesa in quanto sacra, sin dai tempi della creazione: “Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! Ora sii maledetto, lontano dal suolo che ha aperto la bocca per ricevere il sangue di tuo fratello dalla tua mano” (Gn 4, 10-11).
Dunque, l’Annunciazione è un inno alla vita elargita e ricevuta che si perpetua nel tempo ogni qual volta la divina provvidenza soffia il suo alito vitale e questo trova accoglienza e viene custodito perché destinato alla vita senza tramonto, anche quando con generosità l’affetto coniugale, provato dall’impossibilità di avere figli, è disposto ad aprirsi verso coloro che non godono, purtroppo, di un appropriato ambiente familiare.
Certo, tutto ciò può talvolta avvenire non senza timore, la stessa Madre di Dio ha provato un iniziale turbamento alle parole di Gabriele, svanito però con la graduale consapevolezza che quanto stava accadendo era frutto della benevola volontà Dio. Maria diviene così modello per le donne e gli uomini di ogni tempo chiamati ad accogliere con tenerezza la vita nascente.