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Libertà educativa e valutazione: i temi chiave della scuola di domani

La scuola sta vivendo una stagione di grande vitalità: su di essa è puntata l’attenzione delle Istituzioni, della società, dei mass media. Il Covid, pur nella drammaticità dell’evento, ha contribuito ad alzare il velo su una situazione che, per anni e per diverse ragioni, non è stata affrontata con la necessaria risolutezza. Ora, invece, possiamo dire che, davvero, l’aria è cambiata.

Certo, in Italia i genitori non possono esercitare il loro diritto (loro in quanto è la Costituzione ad affermarlo) a scegliere la scuola che desiderano per i figli: se ne hanno le possibilità economica, possono scegliere, pagando una retta, la scuola pubblica paritaria, diversamente non rimane loro che accontentarsi della scuola pubblica statale. Si badi bene: non si tratta di una questione di giudizio sul valore della scuola statale, valore che è indiscutibile. Si tratta, invece, di una presa di consapevolezza di una situazione oggettiva. Chi, per poter scegliere, deve pagare non può definirsi e non può essere definito libero.

Eppure, abbiamo ragione di credere, nonostante tutto, che siamo prossimi alla meta. Questa ragionevole speranza è fondata sui passi compiuti nell’ultimo anno (e preceduti, per onestà intellettuale va detto, dalle decisioni prese per volontà di Ministri dell’Istruzione quali la prof. ssa Stefania Giannini, l’on. Valeria Fedeli, il prof. Patrizio Bianchi) grazie alla volontà del Governo, nella persona del Ministro, prof. Giuseppe Valditara, di intervenire per sanare un’ingiustizia. Ecco i principali fronti sui quali il Governo è intervenuto individuando soluzioni concrete per il mondo delle paritarie: l’abilitazione dei docenti delle scuole paritarie, la possibilità di accedere ai fondi PON e PNRR, lo stanziamento di euro 110 Milioni di cui 70 Mln per la disabilità e 40 Mln per la scuola dell’Infanzia (contributi di carattere strutturale e non più soggetti a modifiche), ancora, con decreto n. 182 del 14 Settembre 2023, è stato istituito presso il Ministero dell’Istruzione e del Merito, il Tavolo delle scuole paritarie.

Tutto questo non può che confermare la speranza che presto si realizzi nei fatti la libertà di scelta educativa dei genitori. Occorre, dunque, a breve termine, arrivare a garantire alle famiglie che scelgono la scuola paritaria il 70% del Costo Medio Studente, per arrivare all’assegnazione ai genitori di una quota capitaria da spendere per l’istruzione dei figli presso una scuola pubblica, statale o paritaria, in una attenta rendicontazione. E il tutto avrebbe un valore sociale immenso: aumento dei livelli di apprendimento, in linea con gli standard europei, miglioramento della tenuta sociale dei territori economicamente e socialmente più fragili, innalzamento della qualità della vita.

Tutto, come si può comprendere, in una perfetta concatenazione di cause e di effetti. Dalla scuola passa, infatti, il rinnovamento della società. A sostegno di quanto vado affermando da tempo, e con me tantissimi altri nella società nella politica, nelle istituzioni, cito l’esempio di quelle regioni che hanno introdotto varie forme di sostegno alla libertà di scelta educativa delle famiglie: in questi territori gli standard di apprendimento si collocano agli stessi livelli di quelli europei e il fenomeno dell’abbandono scolastico e dei NEET è di gran lunga inferiore alle altre regioni italiane.

Un altro tema molto dibattuto ultimamente è stato quello della valutazione, con la proposta di una serie di sperimentazioni volte ad eliminare i voti e le schede di valutazione del primo quadrimestre. In tutta onestà ritengo che mantenere i due documenti di valutazione, a metà e a fine anno, sia la strada migliore da percorrere. Innanzitutto occorre capire cosa significhi valutare e cosa sia oggetto di valutazione. A volte si rischia di confondere le cose: si valuta la prova, non la persona dello studente. Il fine della valutazione, ricordiamolo, è quello di verificare se lo studente ha raggiunto o meno gli obiettivi che il docente si è preposto per i suoi studenti.

Certo, questi ultimi devono rendersi protagonisti del loro percorso: chiedere spiegazioni e delucidazioni, approfondire, collaborare con studenti e compagni. Togliere la pagella del primo quadrimestre rischia di tradursi, all’atto pratico, nel togliere un’occasione importante di analisi e di bilancio del proprio percorso. Il tema si presta ad una osservazione di carattere educativo: ritengo che sia errata quella tendenza ad eliminare dal percorso di crescita dei nostri giovani tutte quelle occasioni di analisi, ripensamento e rilancio del percorso svolto.

Smettiamola con l’idea fissa di togliere occasioni di stress: paradossalmente stressiamo di più i nostri giovani. Perché i fenomeni di attacchi di panico sono aumentati negli ultimi tempi? Ovviamente le ragioni sono le più diverse ma è anche vero che negli ultimi trent’anni la linea educativa seguita è sempre stata quella dell’ovatta, mi si passi questa espressione. È, invece, quanto mai necessario educare i nostri giovani, con equilibrio e con misura, ad assumersi le proprie responsabilità e a comprendere la vera essenza delle diverse situazione che la vita ci pone davanti. Oggi è il compito di matematica, domani sarà un colloquio di lavoro. Ma il colloquio lo si prepara da lontano, lo si prepara sui banchi di scuola. Anche questo dibattito, tuttavia, mi conferma dell’interesse che la società di oggi riserva alla scuola: è un elemento positivo sul quale occorre insistere perché è un segnale mandato a tutti del fatto che il mondo della scuola sta a cuore a tanti. Sono fiduciosa che questo interesse si tradurrà in scelte positive e proficue, per tutti.

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