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La legalità non è solo la formale conformità alla legge

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Un caro amico ha commentato il mio articolo sullo sviluppo sostenibile ed ha apprezzato il pensiero che ho esposto riconoscendo i difetti del consumismo ma ha anche espresso, con garbo, il suo dissenso evidenziando che attraverso di esso le masse hanno avuto accesso al lavoro ed alla distribuzione della ricchezza.

Prima di addentrarmi nell’approfondire l’argomento ho piacere di rilevare come sia possibile esprimere utilmente una propria opinione contrastante con quella altrui senza scadere in violenze, aggressioni, turpiloqui e toni da bestiario nell’arena: molto è certamente dovuto all’educazione ricevuta, agli studi svolti ed ai titoli conseguiti, ma tanto ancora è insito nell’animo di chi riesce a comunicare con pacatezza e sobrietà le proprie idee; nel ringraziarlo, vorrei che fosse un invito a tanti, che forse poco avvezzi al pensiero ed dialogo si lasciano trasportare in linguaggi inappropriati, affinché contengano i toni nei limiti del colloquio possibile per consentire il confronto del pensiero.

L’obiezione mossa allo sviluppo sostenibile è fondata e puntuale: è stata definita decrescita felice laddove all’incremento delle attività produttive si sostituisca la difesa dell’ambiente; è puerile osservare che bisogna fare solo ciò che si può fare in quanto il confine posto è in contrasto con gli interessi economici che sottendono all’iniziativa: proviamo con un esempio. La pandemia ha flagellato il mondo e gli esperti hanno reagito prontamente con la creazione del vaccino e la distribuzione a tutta la popolazione. Ottima e lodevole iniziativa: tutti sanno che le case farmaceutiche che lo somministreranno sono quattro e sono già partite le reciproche contestazioni sulla minore pericolosità dell’uno o dell’altro; non si sa chi ha fatto la selezione, per quale motivo altre case farmaceutiche sono fuori dal giro e se le notizie diffuse siano veritiere, problematiche o assolutamente insignificanti posto che, come giustamente è stato osservato, il rischio zero non esiste. Sappiamo anche che qualunque farmaco è un veleno (è la dose che lo rende letale) ma si fanno le dovute valutazioni per sconfiggere una malattia ben più grave del rimedio proposto. Quindi, non si rinuncia tout court perché fa male ma si contempera e valuta il rapporto con i benefici, sicuramente notevoli. Ma chi fa questa valutazione? La casa farmaceutica che lo vende? La casa concorrente? L’associazione che rappresenta chi e come? Siamo nel mercato, con tutte le sue leggi o fuori dal mercato?

Purtroppo siamo nel mercato e dobbiamo sottostare alle sue leggi per cui quel confine sulla sostenibilità è fluttuante a seconda di chi deve esprimere la valutazione o, peggio, l’autorizzazione. Il problema c’è, esiste e non vederlo equivale a coprirsi gli occhi. Va cercata la soluzione.

La Costituzione della Repubblica ha provato ad individuare un sistema di pesi e contrappesi in modo tale che qualunque abuso di posizione fosse temperato da nomine provenienti da contesti differenti, da efficaci controlli, da decisioni provenienti da più parti, tale da assicurare non solo le fondamentali garanzie della persona e delle sue iniziative ed attività, ma anche una distribuzione dei poteri bilanciata affinché nessuna autorità potesse prendere il sopravvento. È durata diversi decenni ma da tempo ha cominciato a mostrare i suoi limiti poiché le diverse autorità hanno tessuto trame reciproche di nomina e di protezione vanificando gli sforzi di tanti giuristi di fama che avevano lottato per assicurare al futuro le scelte più condivise.

Ma è il tempo dei correttivi che nessuno di coloro che ha il potere di introdurre ha in animo di fare poiché inevitabilmente il sistema attuale fa comodo certamente a chi lo gestisce ed utilizza; prendiamo la legge elettorale: dovrebbe essere la regola del gioco, scritta prima di iniziare la partita ed invece viene scritta ogni volta per l’occasione e da chi ne deve trarre i benefici! Analogamente, le leggi erano affidate al parlamento che doveva ascoltare anche l’opposizione e decidere dopo il pubblico dibattito; da un paio di decenni sono scritte dal potere esecutivo e votate a scatola chiusa. Inconcepibile, prima ancora che incostituzionale poiché è ai bambini che si insegna che il parlamento fa le leggi ed il governo le attua, per quella indispensabile divisione dei poteri che garantisce la trasparenza. E da tempo non è più così.

La legalità non è solo la formale conformità alla legge: è un metodo che non consente di eludere le finalità della legge e questo metodo può essere efficace solo se trasparente, parola abusata ma negata sistematicamente in qualunque vicenda, anche quella cui innanzi accennavo.

Roberto de Tilla: