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Le emoji: uno specchio della società e dell’attualità

Le emozioni sono spesso definite come uno stato complesso di sentimenti che si traducono in cambiamenti fisici e psicologici che influenzano il pensiero e il comportamento. La loro funzione è legata alla sopravvivenza: permettono di valutare una situazione e di reagire in modo adeguato. Quindi le emozioni si manifestano su più livelli differenti: psicologico, comportamentale e fisiologico. Quando ci si emoziona le pulsazioni aumentano o si arrossisce o si suda, la propria lucidità mentale e il proprio autocontrollo si riducono e si è indotti ad assumere comportamenti automatici, parzialmente o pienamente inconsci. Le emozioni si distinguono in fondamentali o complesse. Le prime, dette anche emozioni primarie, si manifestano nel primo periodo della vita umana e accomunano l’uomo a molte altre specie animali. Esse sono:

  1. Paura, determinata dalla presenza di un pericolo o da una minaccia;
  2. Disgusto, reazione nei confronti di sostanze o oggetti potenzialmente nocivi;
  3. Gioia, determinata dal raggiungimento di uno scopo;
  4. Tristezza, determinata da una perdita o da uno scopo non raggiunto;
  5. Rabbia, generata dalla frustrazione, si manifesta attraverso l’aggressività;
  6. Sorpresa, determinata da un evento inaspettato, seguito da paura o gioia.

Le emozioni secondarie (complesse) derivano dalla combinazione delle primarie e si apprendono o sviluppano con la crescita dell’individuo e l’interazione sociale. Esse sono: l’invidia, l’allegria, la vergogna, l’ansia, la rassegnazione, la gelosia, la speranza, il perdono, l’offesa, la nostalgia, il rimorso, la delusione.

Le emozioni hanno funzioni diverse e importanti. Sono delle esperienze generatrici di schemi comportamentali che consentono di rapportarsi alla realtà in modo semplice e spesso immediato, senza dover troppo riflettere sulle cose. Esse aiutano ad orientarsi piuttosto bene in un mondo caotico con un dispendio minimo di energie. Le emozioni rappresentano il modo in cui ogni persona sente e vive l’esperienza delle cose. Permettono di definire l’attimo pennellandolo anche con un’immagine. In tal senso, fondamentale è stato l’avvento delle emoji.

Il 17 luglio è la Giornata mondiale delle Emoji: una ricorrenza nata per celebrare le tipiche immagini digitali, faccine e non solo, ormai parte integrante di tanti messaggi online. Partiamo da una premessa: emoticon ed emoji non sono la stessa cosa. Le prime sono ottenute dalla combinazione di segni di punteggiatura, lettere e/o altri caratteri della tastiera. Ad esempio, le prime emoticon come “:-)” e “:-(“. Le emoji invece non nascono da digitazioni di caratteri della tastiera; sono immagini già pronte, che rappresentano concetti, oggetti, animali, azioni… La parola non deriva dal concetto di emozione, come si potrebbe pensare, ma dal giapponese “e” (immagine), “mo” (scrittura), “ji” (“carattere”).

Con la loro apparenza divertente, le piccole immagini rappresentano in qualche modo uno specchio della società e dell’attualità. Non a caso, come documentato da Emojipedia, nel 2020 l’emoji con la mascherina e quella raffigurante un microrganismo erano le più utilizzate, nelle conversazioni sul Covid-19. Dati del 2019 dicono che le emoji più utilizzate al mondo esprimono amore, affetto e allegria: si tratta del cuore e della “faccina” che ride sino alle lacrime. Istituita nel 2014 da Jeremy Burge, fondatore di Emojipedia.org, la Giornata mondiale delle emoji è nata con l’intento di promuovere l’uso delle emoji e diffondere il senso di gioia che portano con sé.

La maggior parte delle persone, il 91% le usa per “alleggerire l’atmosfera”, subito dopo seguono coloro che le utilizzano per “comunicare superando le barriere linguistiche”. E poi, il 67% considera le persone che ne fanno uso “più amichevoli e divertenti”. L’86% degli intervistati pensa bastino poche emoji per condividere pensieri e idee e dicono di usare emoji nei propri messaggi di testo quasi la metà delle volte (46%), mentre 1 volta su 4 scrivono messaggi di sole emoji (25%).

La grande differenza con il passato è che, mentre prima erano un semplice complemento ad un contenuto scritto, ora sono diventate un vero e proprio linguaggio (che a volte porta a fraintendimenti peraltro) che ogni giorno si arricchisce con nuove “espressioni”. Più complicato intrattenere discorsi più articolati o conversazioni “ufficiali”, ma le “emoji” sono diventate così di uso comune che ormai non possono essere ignorate da chi comunica via Internet. Delle emoji esiste un’enciclopedia interamente dedicata a loro, www.emojipedia.org e che ogni 17 luglio, appunto, vengono celebrate con il World Emoji Day.

Se adeguatamente gestite, le emoji possono regalare una marcia in più aiutando a comunicare efficacemente, a saper automotivare e a reagire meglio agli stimoli provenienti dall’ambiente.

Goleman nel suo bestseller “Intelligenza emotiva” ci insegna come ovviamente nessun percorso è una risposta al problema. Ma data la crisi che i bambini si trovano a fronteggiare, e data la speranza alimentata dai percorsi di alfabetizzazione emozionale, non dovremmo, ora più che mai, insegnare ad ogni bambino queste abilità, che sono essenziali per la vita? E se non ora, quando? Ciò che conta, come sempre, è la capacità di equilibrio, ovvero il saper dosare la gestione delle emozioni de visu così come quella tramite dispositivi elettronici. Non può mancare la consapevolezza del mondo emotivo.

L’utilizzo delle emoji, se vissuto con equilibrio, può essere un fattore di protezione che favorisce, nel suo piccolo, la consapevolezza emotiva. Le emoji, a mio modo di vedere, non sono altro che il tentativo di riportare la comunicazione “tecnologica” ad un livello più umano e personalizzabile. Non avendo davanti il nostro interlocutore, esse svolgono la stessa funzione delle espressioni facciali, permettendoci di comprendere a fondo ciò che l’altro vuole dirci. In tale ottica l’incontro, attraverso l’utilizzo delle emoji, assume una connotazione più umana e, quindi, più bella.

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