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La responsabilità mediatica

La rivoluzione digitale degli ultimi anni e questi recenti mesi di isolamento hanno fatto proliferare la divulgazione di informazioni e messaggi da parte di tutti gli utenti della rete che hanno scoperto il gusto di dire la propria in ogni settore più disparato del pensiero, della cultura e della cronaca. Mentre, infatti, fino a poco più di una decina di anni fa tutti si scoprivano allenatori di calcio piuttosto che presidenti del consiglio dei ministri, critici cinematografici o consulenti nelle varie branche od ancora ministri piuttosto che sindaci o assessori in pectore, ma ovviamente al bar, e a cominciare dal lunedì mattina, con l’avvento delle tecnologie digitali fai da te – che l’ottimo Baricco ha descritto nel suo ultimo The Game evocando il rovesciamento della piramide sociale – il ruolo è stato assunto sul serio con la divulgazione di affermazioni, pensieri, ragionamenti, e peggio ancora, pareri e dichiarazioni di verità da parte di chiunque abbia accesso alla rete digitale.

Ciò che lascia davvero perplessi è il fenomeno osservato negli ultimi anni in cui, poiché la divulgazione dell’intrattenimento e della informazione è affidato ai più scaltri e spregiudicati manovratori del consenso in rete, gli standard professionali della diffusione televisiva e della stampa hanno dovuto adeguarsi ad inseguire il pubblico anche trasgredendo alle fondamentali regole che avevano caratterizzato fino a pochi anni fà il mondo dell’informazione: autenticità della notizia, verifica delle fonti, equilibrio nell’esposizione delle tesi contrapposte, adeguatezza dei toni, spazio alle repliche. Con l’accelerazione e la frammentazione non solo dei canali informativi ma anche dei fornitori di notizie e di commenti, si sono verificati due effetti aberranti: la proliferazione delle notizie false, appositamente create per ottenere risultati mediatici efficaci, e lo scadimento della qualità generale e particolare della comunicazione.

Mentre prima il sentire rispondere ad un’obiezione: “l’ha detto la TV” era una risposta appagante, oggi l’affermazione “l’ho letto su internet” non reca alcuna soddisfazione e ciò non solo e non tanto perché su internet si possono trovare le più disparate tesi contrapposte ma perché ci scrive chiunque, senza alcuna garanzia di serietà. E questo dipende dalla errata prospettazione del noto principio dell’uno vale uno: se, infatti, ogni persona ha pari dignità sociale oltre che, ovviamente pari diritti e doveri, questo non può leggersi all’opposto che ogni persona ha pari capacità o che i titoli accademici siano paragonati a quelli della strada o che il valore dell’esperienza soppianti quello della conoscenza. L’esperto è colui che ha i titoli adeguati, la capacità acquisita, l’esperienza conquistata e la sapienza necessaria per poter esprimere ciò che pensa laddove limitarsi a dire ciò che si pensa è davvero la negazione del sapere.

Eppure è il fenomeno oramai diffuso oltre misura anche perché si è conquistato il valore del lancio della notizia – poco importa se reale – in relazione al vantaggio immediato che ne produce, a prescindere dalla sua veridicità, in omaggio ad un’interpretazione estensiva, se non fantastica, del noto adagio che un fondo di verità ci deve essere oppure negando valore alla smentita in forza dell’autoreferenzialità.

Direi un mostro capace di distruggere ogni sana riflessione specie se messo in viaggio su luoghi comuni e metodi persuasivi: fu David Hume, nella prima metà del XVIII secolo, scrivendo il Trattato della Natura Umana ad intuire che la vittoria non è ottenuta dai combattenti armati di picca e spada ma dai trombettieri, tamburini e musicisti dell’esercito, con ciò significando che il rumore ha una sua valenza autonoma e persuasiva.

Quale difesa, allora? Solo la serietà e la professionalità, individualmente consolidata e gestita insieme, può assicurare la netta linea di demarcazione, ben chiara in ciascuno di noi, tra il bene ed il male, tra il giusto ed il riprovevole, tra il vero ed il falso: nessuna forma di controllo, né preventiva né a posteriori oggi sembra essere in grado di assicurare l’efficace argine contro l’abuso e l’ipocrisia, per fare emergere ciò che è sinceramente vero ed autentico; è la personale sensibilità che è in grado di discernere in maniera autentica e se un albero che cade fa più rumore di una foresta che cresce è altrettanto vero che un filo unico unisce tutte le innumerevoli persone oneste del mondo.

È quindi indispensabile intervenire con serietà, professionalità e pacatezza, ma con fermezza e decisione, a rilevare ogni stortura non solo della realtà ma anche del sentimento comune e della percezione diffusa dei valori condivisi, posti a fondamento della crescita culturale e sociale: è il monito per qualunque operatore dell’informazione e della comunicazione.

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