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La “debolezza” di Dio

Da sempre l’uomo ha desiderato incontrare Dio, ma Dio nessuno mai lo ha visto. Isaia, il profeta antico, nelle lunghe notti insonni, lo implorava: “ Se tu squarciassi i cieli e scendessi…”. L’incredibile, meraviglioso giorno in cui il desiderio divenne realtà, però, lo intravide solo da lontano.

Nella “pienezza dei tempi” Dio strappò il velo delle tenebre in cui era da sempre avvolto e venne ad abitare in mezzo a noi. L’uomo ne fu abbagliato. Troppa luce lo accecò. Dio non era come spesso lo aveva immaginato: un giudice, un vendicatore, un padrone pignolo pronto a chiedergli conto dei suoi errori, ma un innamorato che non smette di fargli la corte. Freme, palpita, è geloso della Sua creatura. La cerca, la insegue, la ammalia, la seduce. Per averla è disposto a tutto: anche a nascere in una stalla e morire su una croce.

Come ogni innamorato Dio è “debole”. Chi ama è sempre debole. Solo chi non ama ostenta sicurezza.

Ritorna Natale. Con le sue carezze e le mille nostalgie. Nostalgia di un’ infanzia che troppo in fretta volò via; del presepe fatto in casa, col muschio delle siepi e le montagne di cartone. Nostalgia della zampogna che ci svegliava quando era ancora buio. Nostalgia del cuoricino che ci batteva in petto, piccolo ma caparbio nel desiderare di fare più bello il mondo. Un mondo in cui non ci sarebbe stato più posto per le infamie e per le guerre e dove i ricchi smettessero finalmente di contendere il pane ai poveri.

Dobbiamo affrettarci per non arrivare impreparati al grande evento. Ci viene in aiuto l’Avvento: tempo di grazia, di attesa e di speranza che la Chiesa ci invita a vivere.

L’uomo è “ capace” di accogliere, “contenere” Dio. Occorre fargli spazio, allargare a dismisura il cuore, ripulirlo dalle cianfrusaglie inutili e dannose che vi si sono accumulate. Occorre zittire dentro l’ “orribile chiacchiera”, quell’inutile e inquietante trambusto che rischia di coprire la voce del divino Innamorato che non grida ma sussurra.

L’Avvento è attesa gioiosa del Dio che viene. La gioia non tollera di stare in solitudine, ma vive in compagnia e si moltiplica solo se la doni. Da soli non si è mai felici. Da solo l’uomo muore. Nemmeno Dio volle stare solo e irruppe nella storia. Avvento vuol dire continuare a sperare anche quando costa caro e non converrebbe insistere. Dio non ci ha lasciati soli. Non siamo stati abbandonati a noi stessi o a chi tra gli uomini umilia e offende la nostra dignità.

È tempo, dunque, delle grandi pulizie, del prendere coscienza che l’odio, l’invidia, la prepotenza, prima di ferire chi le riceve, avvelenano colui che le porta in cuore: per esse non ci deve essere posto, vanno cacciate via senza indugi.

Giovanni il battezzatore ci invita a raddrizzare i sentieri della vita per facilitare il passo a chi arranca; a sostenerlo quando inciampa e rialzarlo quando cade.
Raddrizzare i sentieri distorti di certa mentalità alla quale siamo invitati a non conformarci. Individuare, chiamare per nome e mettere al bando ogni presuntuosa idolatria soprattutto quando si camuffa di verità.

Avvento è ripetere con don Lorenzo Milani: “ Me ne importa, mi interessa”. Tutto ciò che rende più uomo l’uomo mi interessa. Mi interessa che i cristiani sparsi per il mondo possono celebrare quest’anno il Natale del Signore senza dover pagare con la vita il dono della fede. Mi interessa contemplare il bello e ascoltare buona musica. Mi interessa che l’operaio e l’immigrato non vengano mortificati. Mi interessa che i giovani vivano felici senza cedere a mortali inganni. Mi interessa che il mio Paese, la mia Regione e la mia città siano governati da galantuomini.

Tutti con lo sguardo fisso a Betlemme, dunque, in attesa di prostrarci e stupirci davanti al Dio Bambino.

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