La parola welfare ormai, da molte parti, ha sostituito la parola sanità però, in questo ambito fondamentalmente, il livello è rimasto quello medico. Però, le persone che vivono una disabilità o una malattia rara, necessitano di un modello di presa in carico bioetico e sociale, perché le disabilità o le malattie rare, non indicano solamente la fase acuta di una malattia che deve essere ospedalizzata, ma anche una condizione che necessita della presa in carico attraverso un adeguata assistenza a 360 gradi. Quindi, sostituire la parola welfare a quella sanità va benissimo, però non si può continuare ad avere un modello prevalentemente medico o sanitario perché non è quello corretto. Tale modello non risponde alle necessità delle persone con disabilità e con malattia rara.
Alla luce di questi aspetti, per rendere il welfare più rispondente alle esigenze delle persone con fragilità, occorre integrare i servizi sanitari con quello sociosanitari e sociali. Oggi purtroppo non è così perché, nonostante il modello di welfare sembri tutto unico, i fondi sanitari, sociosanitari e sociali, sono divisi tra diversi ministeri e assessorati, ciò significa che, per i rispettivi fondi, sussistono difficoltà di comunicazione o di spesa. Lo stesso Pnrr, sotto questo aspetto, ha già un problema strutturale in quanto, le varie mission, ad esempio la missione cinque parla di sanitario e la sei di sociale. Se non si integrano questi capitoli di spesa e di investimento con l’obiettivo di migliorare la vita delle persone, non ci potranno essere significativi passi in avanti. La finalità deve essere l’integrazione dei servizi, anche di ministeri e amministrazioni diverse, nell’ottica di un accrescimento collettivo.