L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità non rappresenta solo un diritto ma, anche e soprattutto, un impegno morale che tutto il paese deve fare proprio senza riserve. Questo diritto, se attuato nella maniera corretta, sarà in grado di valorizzare le attitudini dei singoli, consentendo loro di avere una vita piena e renderà migliore anche l’intero sistema economico italiano. La Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità all’articolo 27 sottolinea che “gli Stati Parti riconoscono il diritto delle persone con disabilità al lavoro, su base di parità con gli altri; ciò include il diritto all’opportunità di mantenersi attraverso il lavoro che esse scelgono o accettano liberamente in un mercato del lavoro e in un ambiente lavorativo aperto, che favorisca l’inclusione e l’accessibilità delle persone con disabilità”.
Ognuno di noi deve riflettere su questo. Le istituzioni, ad ogni livello, insieme alle associazioni di rappresentanza e al Terzo Settore nel suo complesso, devono studiare ulteriori metodologie per incrementare il tasso di inclusione lavorativa delle persone con disabilità che, malgrado i miglioramenti degli ultimi anni, è ancora troppo basso. Il secondo comma dell’articolo quattro della Costituzione ci dice che “ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. Questo principio, però, deve valere anche per i cittadini con disabilità. Solo così si realizzerà pienamente il valore dell’inclusione.