“I discepoli per la prima volta in Antiochia ebbero il nome di cristiani”. Negli Atti degli Apostoli si racconta così l’apparire in pubblico dei seguaci di Cristo. Già allora erano riconoscibili per il loro modello di vita, segnato in tutto e per tutto dal messaggio di Gesù, dall’eredità che aveva lasciato, prima di venir messo a morte dai romani. E su come si comportassero all’esterno, in una società ancora fortemente ostile, ne parla l’autore (si pensa fosse Marcione, un eretico gnostico) della famosa Lettera a Diogneto (doveva essere il maestro di Marc’Aurelio). I seguaci del Vangelo si differenziavano dagli altri uomini.
“Dimorano sulla terra, ma sono cittadini del cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi…”. Era il II secolo. Fino a quel momento, il cristianesimo non era molto cambiato; era rimasto sostanzialmente la religione dei primi tempi, una religione di martiri, di confessori della fede e missionari. Ancora illegale, anzi, considerato addirittura sovversivo, perché totalmente all’opposto della religione romana, politeista, intrisa di paganesimo, sostenitrice della guerra, il cristianesimo aveva patito e continuerà a patire le persecuzioni – 250 anni di persecuzioni – degli imperatori romani. Prima, Nerone. Quindi, Decio. E più tardi, il più feroce di tutti, Diocleziano. Eppure, in quel periodo, c’era stata via via una trasformazione nelle strutture del cristianesimo e nel ruolo degli stessi uomini che ne erano i maggiori responsabili. E cioè, si era verificata una progressiva “sacralizzazione” del ruolo svolto da vescovi, presbiteri e diaconi, rispetto alle semplici funzioni pastorali che costoro prima avevano, nel presiedere gli atti di culto o accompagnare la vita spirituale delle comunità. Fatto positivo, era stata messa su una organizzazione molto ben strutturata e molto capillare, radicata localmente. Fatto doppiamente negativo, anzitutto, era stato modificato l’”impianto” primitivo del cristianesimo che, sull’esempio di Gesù, era laico, e non prevedeva figure clericali di tipo istituzionale. Poi, di conseguenza, c’era stato un rafforzamento della gerarchia: e ciò, inevitabilmente, avrebbe comportato una autorità più rigida, chiusa; e, con l’autorità, un potere sempre più nelle mani di pochi; e, con un potere così, l’accentuarsi della distanza tra la classe sacerdotale e il popolo di laici, come pure il rischio di possibili episodi di corruzione.
E difatti, proprio da allora, cominciarono a sorgere numerose sette ereticali, i cui adepti, come gli Apostoli, avevano scelto di vivere uno stretto ascetismo e la povertà evangelica con la comunione dei beni. Arrivati nel IV secolo, accadde qualcosa di nuovo, di sconvolgente. Il monoteismo si aprì al connubio tra fede in Dio e potere temporale. Un legame meno accentuato nell’ebraismo, più forte nell’islam, e invece accettato senza tanti problemi nel cristianesimo. Sotto l’urgenza, probabilmente, di uscire da quella drammatica situazione di minoranza perennemente perseguitata. Ma anche perché, a dirla tutta, i “vertici” ecclesiastici erano ormai pronti, se non predisposti, a scendere a patti con lo Stato. Oltretutto, dall’altra parte, c’era ora un imperatore come Costantino, molto ambiguo, sicuramente, e con non poche macchie delittuose sulla coscienza, ma che era cresciuto respirando un clima di tolleranza e di apertura nei confronti delle fedi. E aveva cominciato ben presto a vedere di buon occhio una religione come quella cristiana: non solo più organizzata e incisiva di quella romana, ma capace di raggiungere tanto il popolo quanto l’élite, e portatrice di un messaggio che teneva insieme la promessa di un aldilà e la richiesta di impegno civile alla singola persona. Una notte, secondo il suo racconto, Costantino sognò l’angelo. Un’altra volta, ebbe la visione della croce in cielo: “In questo segno vincerai”; e sconfisse Massenzio nella battaglia di Ponte Milvio. Fatto sta che, da lì, partì la cristianizzazione dell’Impero romano. La religione cristiana venne prima legalizzata (il controverso “Editto di Milano”), poi favorita (restituzione delle proprietà, esenzione dalle tassazioni statali), infine dichiarata religione ufficiale dell’Impero (con i cristiani arrivati al 90 per cento della popolazione).