Adesso è ufficiale: l’economia sommersa e le attività illegali in Italia valgono 208 miliardi di euro, il 12,6% del Pil. Queste sono le stime che l’Istat ha elaborato per l’anno 2015.
Prende consistenza la teoria euristica dei quattro stati, con la quale abbiamo tentato di rappresentare in maniera semplificativa la situazione sociale dell’Italia.
Riassumiamo brevemente quella teoria così come la descrivevamo nel 2014:
Il primo Stato, quello della casta, è formato da oltre un milione di persone che vivono attorno alla politica e alle istituzioni, con laute prebende e benefits diversi. E’ l’aristocrazia dell’ancien regime trasferita nel XXI secolo.
Il secondo Stato è quello dei diversamente tutelati, che contiene l’intervallo compreso tra le alte gerarchie pubbliche sino all’ultimo gradino della scala rappresentato dai cassaintegrati e disoccupati con indennità e a quello dei senza tutela, come gli esodati e i disoccupati senza indennità.
Il terzo Stato è quello che produce la parte prevalente del Pil: Pmi con i loro dirigenti e dipendenti, agricoltori, commercianti, artigiani, liberi professionisti. La struttura portante dell’intero sistema.
Con le nuove norme comunitarie si scopre l’esistenza del “quarto Stato”, un settore che potremmo qualificare come l’extra o l’anti Stato, rappresentato da lavoro nero, droga, prostituzione, contrabbando.
Un settore fuori da ogni regola, che preleva ricchezza dal sistema e in larga parte la rimette in circolo sotto forma di consumi, risparmi e investimenti diversi, sottraendosi a ogni controllo e incidendo, comunque, in maniera significativa sul sistema stesso e non solo sul piano economico e sociale.
Solo su quello economico incide per oltre il 14% sul Pil italiano che, nel 2013, è stato calcolato in circa 1.393 miliardi di euro, per non parlare delle sue nefaste incidenze anche sul piano politico e dei condizionamenti nelle istituzioni.
A distanza di pochi anni i dati descritti inerenti al “quarto Stato” sono sostanzialmente riconfermati, così come lo è la condizione di anomia sociale, economica e istituzionale del Paese, nel quale il terzo stato produttivo sta vivendo una condizione di progressivo impoverimento che si aggiunge ai dati drammatici della povertà assoluta di circa cinque milioni di persone, secondo gli ultimi dati Istat.
Se con la vittoria del No al referendum del 4 dicembre scorso abbiamo contribuito a consolidare la Costituzione, ossia il patto scritto tra gli italiani, la condizione sociale, economica e strutturale del Paese rimane sostanzialmente frantumata, mentre una casta di “nominati illegittimi” continua a rimanere sorda ai segnali di inquietudine che emergono qua e là, tentando di auto conservarsi nella propria condizione di privilegio.
La democrazia in Italia è sospesa da un po’ di tempo. Imporre il voto di fiduciasulla legge elettorale ne è la prova definitiva. La Casta cerca di rimanere aggrappata al potere come può, e arriva persino a calpestare senza vergogna ogni principio della Costituzione. E ponendosi al di fuori della Carta perde ogni legittimità a governare.
I quattro pilastri su cui si fonda ciò che rimane della coesione sociale: la famiglia, il patrimonio, le pensioni e la sanità, risultano, ciascuno in forme più o meno forti, in via di progressivo rapido deterioramento, mentre mancano strumenti di aggregazione unificanti con la scomparsa degli antichi riferimenti culturali, ideali e politici della famiglia, della Chiesa, della scuola, dei partiti e dei sindacati.
I partiti dei “nominati illegittimi” del Parlamento fanno quadrato con una sostanziale convergenza su una legge elettorale che vorrebbe garantire possibilità di governance in un sistema che soffre di una terribile disgregazione sia generazionale sia territoriale.
La prima, evidenziata dalle perduranti cifre, oltre il 40%, della disoccupazione di giovani senza più prospettive e speranze; la seconda risultante dai dati sconfortanti su molti elementi di struttura tra il Nord e il Sud del Paese.
In questo quadro di forte anomia abbiamo sperato che potesse avverarsi il miracolodi una ricomposizione dell’area cattolica e popolare italiana; un centro di ispirazione democratico cristiana capace di offrire una nuova speranza al Paese. Rileviamo, invece, il permanere di assurde e suicide frammentazioni, con piccoli leader di movimenti e gruppi più interessati ad accaparrarsi qualche posizione sicura nelle prossime liste elettorali, che a concorrere all’unità politica.
Può darsi che mi sbagli, ma, nella confusione dell’”ammucchiata del rosatellum“, se il 50% dei sin qui riluttanti al voto andasse a votare, l’unico ad averne vantaggio sarebbe il Movimento Cinque Stelle.