Quando il governo annunciò di ‘convocare gli Stati Generali’, l’opposizione fu subito assalita da forti preoccupazioni. Subito si pensò che i tanti denari stanziati dall’Europa anche per l’Italia, avrebbe avvantaggiato l’Esecutivo, e l’appuntamento solenne organizzato alla presenza delle autorità europee, di quelle economiche nostrane ed internazionali, delle tante associazioni di imprese e di lavoratori, avrebbe costituito un potente propellente in grado di rafforzare e stabilizzare il governo. Per questa convinzione, istintivamente, l’opposizione subito si affrettò a dichiarare la loro indisponibilità ad essere presenti, ed a richiedere in alternativa ogni confronto da avere in Parlamento.
Ora a distanza di qualche giorno dall’inizio dell’appuntamento a Villa Pamphili, credo che si possa dire che l’iniziativa ben rappresenta i limiti presenti dalla politica italiana tutta: l’idea che essere chiamati all’amministrazione della cosa pubblica, alla politica, è sostanzialmente fare pubblicità di se stessi, della realtà che si rappresenta. S’intende, ogni progettazione e opera, ha bisogno di essere presentata ed eventualmente decantata. Ma quando un appuntamento è solo un modo per discutere, e magari in assenza di progettazioni, allora la questione è diversa.
Questo è un momento delicato per il nostro paese, ed ogni energia deve essere destinata a solide progettazioni ed efficienti realizzazioni. Ma per progettare e realizzare occorre un duro lavoro che mal si conciliano con le continue conferenze stampa, interviste, partecipazione a talk show. Ecco perché se Conte non sta attento e non interrompe questo modo di fare che dura da almeno vent’anni, gli Stati Generali di questi giorni si potranno trasformare per lui in un boomerang, e per il paese una costosa perdita di tempo.